Egli è Colui che vi ha costituiti eredi della terra 1 e vi ha elevato di livello, gli uni sugli altri, per provarvi in quel che vi ha dato. In verità il tuo Signore è rapido al castigo, in verità è perdonatore, misericordioso. 2 Il primo termine è quello della vita terrena, il secondo si riferisce alla Resurrezione e al Giudizio. 3 «e quello che vi meritate»: sottinteso «con il vostro comportamento». 4 «Hanno considerato»: lett. «non hanno visto…». 5 «una Scrittura su papiro»: abbiamo tradotto così l’espressione «kitàban fi qirtàs». 6 «un angelo su di lui»: su Muhammad (pace e benedizioni su di lui). 7 I nostri poveri sensi, che rimangono esterrefatti di fronte al fascio luminoso di un riflettore che casualmente incrocia il nostro sguardo, come potrebbero sostenere la vista di un angelo? La luce con cui Allah lo ha formato è quella intesa in senso assoluto. Solo nell’ottica prodigiosa del Giorno del Giudizio, questo potrà avvenire. E questo il senso della seconda parte del versetto. 8 Allah (gloria a Lui l’Altissimo) dice: «Se invece di far scendere la rivelazione su un uomo, affidandogli la missione profetica, avessimo mandato un angelo, voi non ve ne sareste accorti». Il vero miracolo sta nella Rivelazione e non nelle forme spettacolari con le quali i miscredenti vorrebbero caratterizzare, nel loro immaginario, la manifestazione del divino all’umano. 9 Forse per esorcizzare con il sarcasmo la sua paurosa minaccia, per il disperato timore che esista veramente, è proprio l’Inferno la parte di Rivelazione che è maggiormente oggetto di scherno da parte dei miscredenti… ebbene, proprio quel Fuoco di cui si burlavano avvolge i suoi detrattori. 10 «il primo a sottomettermi»: a diventare musulmano secondo la Rivelazione Coranica. 11 «associatore»: «mushrik» coloro che associano altri ad Allah l’Unico (vedi nota a II, 96). 12 Cos’è la misericordia divina? Tremano i polsi di fronte ad un concetto di questa grandezza e alla inadeguatezza di qualsiasi risposta umana. Nessuna azione dell’uomo può garantirgli la salvezza, con le sue sole forze l’essere umano non è assolutamente in grado di superare l’esame cui Allah lo sottopone. Solo la Sua misericordia è il viatico della salvezza e della beatitudine. Allah concede la Sua misericordia a chi vuole, ed è grazie ad essa che l’uomo renderà pesante il piatto del bene nella bilancia del Giudizio. Quando l’esigenza del commento costringe a sintetizzare in poche righe un concetto di questo genere, allora veramente si sente solo una gran voglia di prosternarsi nel sujûd e dire «Signore perdonami, Signore abbi pietà di me!». 13 «riconoscono il Messaggero…»: il versetto allude principalmente ai figli di Israele, i quali sapevano bene che la missione di cui Muhammad era stato incaricato era davvero profetica, ma non lo volevano ammettere per ragioni razziali e di potere. A questo proposito si può ricordare la testimonianza dell’ebrea Şafiyyah bintu Huyay che si convertì all’IsIàm dopo la battaglia di Khaybar e divenne sposa dell’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui). La donna raccontò un episodio della sua infanzia che l’aveva profondamente toccata: il padre e lo zio, notabili della loro gente, erano andati alla moschea di Qubà’ ad ascoltare la predicazione di Muhammad. Partirono assolutamente prevenuti, convinti di andare solo a cercare una conferma alle loro convinzioni, e cioè che Muhammad era un impostore. Quando tornarono la bambina li sentì parlare in preda al più grande scoramento. «Allora è lui?», disse uno dei due. «Sì», rispose l’altro e «è il profeta di cui parlano le nostre Scritture.» «Hai intenzione di riconoscerlo?» «Mai e poi mai, anzi lo combatteremo con tutte le nostre forze.» 14 «quello che nascondevano»: la veridicità delle rivelazioni profetiche che celavano in malafede (vedi nota sopra al vers. 20), la loro miscredenza, la loro ipocrisia. 15 La solita misera e disperata giustificazione dell’ateismo che siamo soliti sentire ancor oggi dalla bocca degli atei. 16 II fardello dei peccati che ogni uomo porterà sulla schiena quando si alzerà, risorto dalla sua tomba, per il Giudizio. 17 «Nessuno può cambiare le parole di Allah»: alla luce di quello che i popoli fecero delle precedenti rivelazioni di Allah (interpolazioni e falsificazioni), è evidente che questa promessa si riferisce al Corano (vedi anche Tabarì vii, 183). 18 II Corano è anche una trascrizione del dialogo tra Allah (gloria a Lui l’Altissimo) e il Suo Inviato (pace e benedizioni su di lui). Un testo che ci mostra la grande umanità di Muhammad, addolorato e oppresso dalla miscredenza dei suoi concittadini al punto che sarebbe disposto a frugare la terra e dare la scalata al cielo per aver qualcosa di più convincente da proporre loro. Ma la fede e la guida vengono da Allah ed Egli le dà a chi vuole. 19 «su di lui»: su Muhammad (pace e benedizioni su di lui). 20 Tutte le creature viventi hanno ricevuto una legge che regola la loro convivenza, anche gli animali che saranno chiamati a rendere conto di quello che avranno fatto. Il problema della libertà di scelta degli animali è una questione che non è mai stata chiarita a fondo. I sapienti, basandosi su alcuni detti dell’Inviato di Allah, affermano che il Giudizio cui saranno sottoposti è certo, ma non è prevista nessuna forma di premio o di castigo. E indubbio che esiste l’animale mite e quello aggressivo, ma forse in essi non c’è il dolo (l’intenzione di fare il male) in quanto ciò presupporrebbe una conoscenza che non è stata data agli animali, ed escludendo l’intenzione non c’è sanzione. 21 «Non abbiamo…»: nel Libro della Predestinazione è segnata la sorte di tutto il Creato. 22 «Nel momento del bisogno l’uomo si ricorda di Allah», questo vecchio adagio testimonia dell’opportunismo umano. Dice Allah in un hadith qudsì (un santo discorso rivelato al Profeta ma non inserito nel Corano): «Ricordatevi di Me nel benessere, Mi ricorderò di voi nella disgrazia». 23 Allah spiega come si comportò con le comunità del passato. In primo luogo inviò un messaggio chiaro e intelligibile, recato da un profeta che fosse in grado di farsi capire, poi ispirò la possibilità di dimostrare umiltà e «tawba» (pentimento, ritorno ad Allah), quindi (vedi i successivi verss. 43-45), di fronte alla durezza dei cuori, dette un’ulteriore opportunità di godere, nell’ingratitudine, dei beni del mondo e infine il castigo, senza più possibilità di scampo. Disse l’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui): «Se vedete le creature che nonostante i loro peccati ricevono da Allah tutto quello che desiderano, vedete un segno precursore del castigo» (Tabari VII, 195). 24 I poveri hanno spesso maggiore disponibilità al bene; spesso il possesso di beni materiali diventa un ostacolo all’elevazione spirituale dell’uomo appesantendolo e tirandolo verso il basso di questo mondo. Quando l’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui) predicava o recitava il Corano alla Mecca, prima dell’Egira, era circondato da un gran numero di poveri e di schiavi. Questa situazione infastidiva i notabili coreisciti che avrebbero preferito non doversi confondere con gli individui più poveri della città. Desiderando conversioni «eccellenti» che avrebbero potuto dar lustro e prestigio sociale alla nascente comunità islamica, ’Umar invitò il Profeta ad allontanare quella povera gente in modo tale da poter avvicinare i personaggi più in vista della città. Il versetto decretò l’iniquità di una tale strategia. 25 «quello che volete affrettare»: i meccani politeisti chiedevano provocatoriamente a Muhammad (pace e benedizioni su di lui) di affrettare il castigo. 26 Diciamo, per semplicità di esposizione, che nella creazione ci sono due livelli di realtà, una palese, sensibile, conoscibile e conosciuta, un’altra invisibile, ma non meno reale, che non cade sotto i nostri sensi e la cui percezione è un fatto di fede e di realizzazione spirituale. Allah Si attribuisce il possesso delle «chiavi dell’invisibile» e chi pretende di condividerle possiede in realtà solo le chiavi false che aprono la porta dell’eresia. 27 «Libro chiarissimo»: vedi sopra nota al vers. 28 «vi richiama»: il sonno viene considerato come una specie di stato in cui l’anima dell’uomo torna ad Allah. È molto nota l’invocazione che l’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui) pronunciava al mattino al momento del risveglio: «Lode ad Allah che ci fa rivivere dopo averci fatto morire…». 29 «manda incontro a loro i custodi»: gli angeli che registrano immediatamente le azioni degli uomini. In base alla tradizione sono due, uno dietro la spalla destra (che annota solo il bene) e uno dietro la spalla sinistra (che annota sia il bene che il male). Gli angeli hanno anche la funzione di proteggere l’uomo da tutto quanto di negativo gli possa accadere (salvo evidentemente quello che Allah avrà decretato per quell’anima). Altro elemento dell’angelologia islamica, l’esistenza dell’Angelo della morte, Izrâ‘îl, che scortato dall’angelo della misericordia e da quello del castigo, si presenta all’uomo al momento della sua morte terrena. 30 «e presto saprete»: quando e come esso si realizzerà. 31 Ai miscredenti (anche ai peccatori e a quelli che sono distratti). 32 «nel Giorno in cui sarà soffiato nella Tromba»: il Giorno della Resurrezione, in cui la Tromba (o il Como) suonerà per scandire le fasi di quelle ore di angoscia che precederanno il Giudizio divino (vedi XXXIX, 68-69). 33 La ricerca di Abramo è paradigmatica del percorso seguito dall’umanità alla riscoperta della vera fede. Attraverso l’osservazione del creato l’anima pura giunge ad intuire la presenza di un Creatore, che al di sopra della caducità di ogni creatura, regge e governa tutto l’universo. 34 Non si può temere la vendetta degli «dèi» traditi, per il semplice fatto che proprio non esistono e così dicendo Abramo (pace su di lui) ridicolizza le superstizioni che minacciavano «atroci vendette» su chi avesse abiurato gli idoli. 35 Non basta credere, la fede deve essere «giusta». Una credenza ingiusta non può essere pura, in quanto la purezza e la giustizia sono il corollario della fede in Allah, l’Unico. Bassezza morale e iniquità caratterizzano invece le credenze idolatriche, inevitabili conseguenze dell’ingiustizia nei confronti di Allah (vedi sura XXXI, il discorso che il saggio Luqmàn tiene a suo figlio). 36 «eccellenza sugli uomini»: del loro tempo. 37 Se i miscredenti rifiutano la fede e l’obbedienza al Libro di Allah, sarà compito dei credenti occuparsi di loro, predicando la religione di Allah (gloria a Lui l’Altissimo) e recitando loro il Corano. 38 «un Libro»: il Corano. 39 «la Madre delle città»: uno dei nomi della Mecca; la tradizione ci insegna che fu la prima terra ad emergere dal diluvio, in essa fu costruito il primo tempio al Dio Unico, la Santa Ka‘ba. Posta la Mecca al centro del mondo, posizione che le viene riconosciuta cinque volte al giorno da centinaia di milioni di musulmani nella preghiera rituale, va da sé che tutto il resto della terra è abitata da genti che stanno appunto «intorno» ad essa. E nel senso di diffondere universalmente il messaggio coranico, che va inteso l’invito di avvertire «la Madre delle città e le genti intorno». 40 II versetto allude in generale a tutti i falsi profeti, veggenti e «illuminati», che pretendono di aver ricevuto «rivelazioni» del tutto improbabili, e in particolare a Musaylima, della tribù dei Banù ‘Ad ibn Hanìfa conosciuto anche come Abû Thumàna. Proclamatosi profeta inviò a Muhammad (pace e benedizioni su di lui) una lettera nella quale lo invitava a riconoscerlo e a dividere con lui l’autorità sulla terra. Nel XII anno dall’Egira, dopo la morte dell’Inviato di Allah, il califfo Abû Bakr fu costretto a inviare contro di lui un’armata agli ordini di Khàlid ibnu ’l-Walìd, che annientò il movimento eretico nella battaglia di Akraba. Nei combattimenti morirono molte decine di compagni del Profeta che conoscevano a memoria tutto il Corano e questo fatto ebbe parte non trascurabile nelle decisioni che condussero alla compilazione del Corano quale oggi lo possediamo. La lode appartiene ad Allah Signore del creato, nulla avviene per caso, la Sua volontà governa la storia degli uomini e guida coloro che Lo temono. 41 II Corano sintetizza l’intervento divino nel ciclo vitale della natura e dello spirito. La morte fisica è presupposto della Resurrezione e della vita eterna che è l’unica vera vita; la vita terrena è la condizione per determinare, con la miscredenza, la morte dello spirito che è l’unica vera morte. 42 Da Adamo «un solo individuo», vengono tutti gli altri uomini. Con la creazione di Eva, dalla costola di Adamo, Allah separò il principio maschile da quello femminile fissandoli rispettivamente nei lombi dell’uomo «un ricettacolo» («mustaqarr») e nel ventre della donna «un deposito» («mustawda‘»). Altri (Tabarî VII, hanno detto che «mustawda‘» è la tomba; in tal caso il primo termine si riferirebbe all’utero materno. 43 «i dèmoni»: (jinn) creature abitanti un mondo contiguo a quello degli uomini, i dèmoni sono stati creati dal fuoco senza fumo. Una parte di loro (chiamati «rawàhin») si sono convertiti ascoltando la recitazione del Corano fatta dall’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui), altri sono le truppe fedeli di Satana (shayâtin). I politeisti li ritenevano divinità minori seppur dotati di grandi poteri sulla vita degli uomini (vedi sura LXXII). 44 «Io non sono il vostro custode»: Allah (gloria a Lui l’Altissimo) invita il Suo Inviato ad avvertire gli uomini che saranno pienamente responsabili delle loro azioni. 45 Nonostante la certezza del fatto che il Profeta Muhammad (pace e benedizioni su di lui) fosse illetterato, i suoi detrattori contemporanei (e anche la critica malevola successiva) lo accusarono spesso di aver mutuato il Corano dai Libri Santi precedenti. Allah è ben conscio di questa realtà e nel Suo Libro sembra ironizzare sulla pochezza spirituale dei nemici dell’IsIàm e sul fatto che, al contrario, quelli che possiedono una scienza scevra da ogni pregiudizio non hanno difficoltà ad accettarla. 46 Non è il caso di rischiare reciprocità ingiuriando gli idoli: gli idolatri potrebbero rispondere ingiuriando Allah e in tal caso ne saremmo parzialmente responsabili. 47 La parte finale del versetto è rivolta ai credenti per metterli in guardia a proposito delle reali intenzioni dei pagani: chiedono miracoli, ma anche se essi si producessero, ancora non crederebbero (vedi anche i versetti che seguono). A proposito di questo versetto Tabarì (VII, riferisce che i meccani giurarono che se Allah (gloria a Lui l’Altissimo), su invocazione di Muhammad (pace e benedizioni su di lui), avesse trasformato in oro le alture di Safa e Marwa (vedi II, e la nota), avrebbero creduto. Allah ribadisce che la fede non dipende da prodigiosi eventi esteriori ma da un atteggiamento interiore da Lui predisposto. 48 Non basta che una dottrina sia maggioritaria per essere vera. Raramente vox populi è veramente vox dei. È questo il senso inequivocabile del versetto che mette ogni uomo di fronte alle sue responsabilità (in xn, e XXXVII, si ribadirà lo stesso concetto). Questo versetto ha dato fondamento a coloro i quali, in ambito islamico, contestano la legittimità del sistema democratico. In realtà l’attuale concetto di democrazia, per quanto imperfetto, è quanto di più vicino a quello islamico di shura (v. nota alla sura XLIl). 49 II versetto, quello successivo e il si riferiscono alla questione della carne «halâl» (lecita). Nel primo si afferma che è lecita solo la carne sulla quale sia stato menzionato il Nome di Allah all’atto della macellazione. Nel secondo versetto reagisce alle tentazioni vegetariane di alcuni musulmani messi in difficoltà da una speciosa polemica innescata dai politeisti meccani su istigazione di alcuni zoroastriani. Dicevano: «Se è lecita una bestia uccisa menzionando il Nome di Allah, a maggior ragione dovrebbe esserlo un animale che sia perito per un incidente o per cause naturali in quanto “macellato da Allah”». Il terzo versetto ribadisce tutta la questione sotto forma di divieto di consumazione della carne su cui non sia stato pronunciato il divino Nome. 50 «Lasciate la forma e la sostanza del peccato»: come dire «Evitate il peccato palese e celato»: e cioè la fornicazione pubblicamente esercitata (la prostituzione e i suoi fruitori) e quella privata (i rapporti extraconiugali non mercenari). Un altro significato si focalizzerebbe sugli aspetti del peccato, quello interiore e quello esteriore. Ci sono azioni che hanno una forma peccaminosa pur non essendo peccati in sé e altre che pur non avendo l’apparenza del peccato lo sono nella sostanza. Alla prima categoria appartengono ad esempio molte perversioni sessuali, come il voyeurismo, il feticismo, alla seconda l’ignavia e l’accidia. Entrambe le categorie sono colpe di fronte ad Allah di cui gli uomini dovranno rendere conto. 51 La parte meno nota di un famoso hadith dell’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui), dopo aver indicato l’obbligo di invitare al bene e di condannare il male (con l’azione, la parola, l’intenzione), dice: «… se non farete questo sarete governati dai peggiori tra di voi e nulla vi servirà invocare la misericordia di Allah». Questo versetto coranico puntualizza una realtà politica che attraversa i tempi e grava su tutti i popoli. Il potere terreno può avere solo due radici di legittimazione: l’applicazione nel contingente della volontà di Allah, tramite le Sue leggi e le forme indicate dalla Sunna dell’Inviato, o essere strumento del castigo di Allah sugli uomini che quelle leggi e quelle forme contrastano o trascurano (vedi anche il successivo v, 129). 52 «Allah apre il cuore all’IsIàm a coloro che vuole guidare»: e cioè «Allah dispone alla sottomissione il cuore di coloro che ha destinato ad essere da Lui guidati». 53 Alludendo alla difficoltà della respirazione in alta quota, dovuta alla carenza di ossigeno, il Corano la usa come parabola dell’uomo che, per carenza di fede, fatica ad avvicinarsi ad Allah. 54 II «ricordo» di Allah, la forma più eccelsa dell’attività umana. Sforzarsi in esso indica la tensione a Lui nella fede, nella dottrina, nell’etica, nella pratica religiosa, nell’organizzazione della vita di ogni giorno. Ricordo di Allah è conformarsi alla Sunna dell’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui), la cui vita era solo ricordo del suo Signore (gloria a lui l’Altissimo). 55 L’ignoranza e la debolezza umana conducono molti uomini a cercare l’aiuto di coloro che in realtà nulla possono e a trascurare Colui il Quale può veramente ogni cosa. «Te noi adoriamo, a te chiediamo aiuto», recita la Sura Aprente, «all’infuori di Lui non c’è alleato, non c’è intercessore», dice in molti passi il Corano. Entrando dalla porta lasciata aperta dallo shirk (vedi la nota a iv, degli uomini, i dèmoni irrompono nella loro vita e li costringono a diventare loro alleati contro il bene. 56 Sull’eternità o meno del castigo si è sviluppata una accesa polemica esegetica tra i commentatori: in questo versetto sembrerebbe che anche il castigo potrebbe non essere eterno, in altri ventisette brani del Corano viene affermato il contrario. Alcuni dicono che il luogo fisico del castigo resterà eterno ma cesserà il tormento. Sarebbe qui troppo lungo e difficile riferire, anche solo sommariamente, degli argomenti addotti dai due schieramenti interpretativi. È certo che sempre e comunque Allah fa quello che vuole, la Sua libertà di azione è incoercibile, Egli è la Volontà. 57 Vedi vers. e la nota. 58 Allah (gloria a Lui l’Altissimo), non colpisce i popoli senza prima averli ammoniti attraverso i suoi profeti (pace su tutti loro). Ogni comunità ha ricevuto un inviato «che parlava la sua lingua» e che ha trasmesso un messaggio intelligibile e inequivocabile. Il termine che abbiamo tradotto in questo caso con «incosciente» è «ghafilûn» che significa anche distratto, noncurante, indifferente (vedi anche il versetto successivo). 59 «la Dimora più elevata»: il Paradiso. 60 Gli arabi pagani destinavano parte del prodotto dei loro campi e dei loro greggi al Dio (Allah) in cui vagamente credevano e un’altra parte agli dèi tribali, considerati numi tutelari del loro clan e più «vicini» alle loro necessità. Quando il raccolto andava a male o i greggi erano razziati o accadeva qualcosa che diminuiva la quota sacrificale, veniva prelevato sulla parte del Dio per compensare quella degli dèi. È in questo senso che va inteso «quello che è per Allah giunge ai loro soci». Un’altra possibilità interpretativa è la seguente: obnubilati dall’ignoranza i pagani si rivolgevano agli dèi per chiedere le grazie di cui avevano bisogno. Quando poi avveniva, per Volontà dell’Unico, quello che desideravano (il bene, tutto il bene viene da Allah Onnipotente), ne attribuivano il merito ai loro dèi. A tutt’oggi tale mentalità è ancora diffusa, seppur in forma sostanzialmente mutata: le invocazioni ai santi, i pellegrinaggi alle loro tombe sono pratiche diffuse anche nei paesi islamici. 61 «l’assassinio dei loro figli»: talvolta ossessionati dalla paura della carestia, gli arabi pagani uccidevano i neonati (vedi vi, 151-e le figlie per la vergogna di averle avute (lxxxi, 8-9). 62 II Corano continua la sua opera di demistificazione delle superstizioni preislamiche. Considerando che la società araba del tempo era fondamentalmente pastorale, i tabù relativi al bestiame erano molto diffusi. C’erano capi le cui carni erano permesse solo ad alcuni a detrimento di altri (solitamente le donne della tribù), altri che non potevano essere montati, altri ancora la cui macellazione doveva avvenire senza che fosse pronunciato il Nome di Allah. La cosa peggiore era che, per giustificare le loro pratiche, affermavano che agivano così per volontà di Allah e con il Suo permesso. 63 Vedi nota sopra al vers. 64 «versatene quanto dovuto…»: la decima agricola che deve essere versata nel giorno della raccolta. (Sulla decima vedi Appendice 3.) 65 «Allah non ama chi eccede»: la prodigalità nell’IsIàm è un peccato specularmente simile all’avarizia. Il prodigo è un individuo le cui azioni sono dettate da uno squilibrio personale piuttosto che da generosità, e pertanto il suo comportamento può costituire turbamento sociale, equivoco e scandalo. 66 «inventa menzogne a proposito di Allah»: attribuisce ad Allah cose che Lui non ha detto. 67 La legge alimentare data agli ebrei deve essere considerata un castigo di Allah per i loro peccati di ribellione ad Allah (vedi Levitico VII, 22-XI, 1-XIV, 3-21). 68 Nei verss. 151-sono chiaramente definiti i «comandamenti islamici»: unicità di Allah e purezza del culto, rispetto per i genitori, divieto di uccidere i bambini e obbligo ad avere fiducia in Allah, divieto della fornicazione e ogni perversione personale, divieto di uccidere, divieto della malversazione e del furto, divieto della falsa testimonianza. È importante notare come questa elencazione segua i versetti che stigmatizzavano una religiosità tutta formale, superstiziosa e senza vere regole morali. 69 La Scrittura è la Toràh rivelata a Mosè, guida e monito per i Figli di Israele. 70 II «Libro Benedetto» è il Corano. 71 Gli ebrei e i cristiani. 72 «che era un puro credente e non associatore»: cioè, un puro monoteista che non associava nulla ad Allah (vedi II, e la nota). 73 «vi ha costituiti eredi della terra»: nel senso di successori, nel territorio e nei beni, delle generazioni e dei popoli che furono in precedenza.