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Nelle loro storie 1 c’è una lezione per coloro che hanno intelletto. Questo [Corano] non è certo un discorso inventato, ma è la conferma di ciò che lo precede, una spiegazione dettagliata di ogni cosa, una guida e una misericordia per coloro che credono. 2 La storia di Giuseppe, che il Corano stesso definisce «la più bella delle storie», è contenuta in questa dodicesima Sura rivelata quasi interamente alla Mecca. Diversa- mente dagli altri profeti (pace su tutti loro), le cui vicende sono accennate e riprese più volte nel Libro santo, alla storia di Giuseppe il Corano dedica un’intera sura, il cui svolgimento cronologico e narrativo è compiuto e non reiterato. Il Corano cita Giuseppe solo in altri due versetti: IV, riferendo della discendenza di Abramo e XL, considerandolo un messaggero di Allah (gloria a Lui l’Altissimo) al popolo d’Egitto. Giuseppe rappresenta un fulgido esempio delle virtù che la fede suscita nel credente: la purezza che desta l’invidia, la castità che suscita il disappunto, la lealtà che non viene riconosciuta, il coraggio di fronte all’ingiustizia, la sopportazione delle difficoltà e la coerenza personale (negli anni del carcere), l’intelligenza e l’equilibrio (nella gestione della sua liberazione e riabilitazione), la chiaroveggenza e l’accortezza (nella funzione pubblica), la grandezza d’animo e la misericordia (nei confronti dei fratelli), la pietà filiale. Per quanto riguarda il rango di Giuseppe, allorquando fu chiesto all’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui): «Chi è stato il migliore degli uomini?», egli rispose: «Il migliore degli uomini è stato Giuseppe, figlio del Profeta di Allah [Giacobbe], nipote del Profeta di Allah [Isacco], pronipote dell’Amico di Allah [Abramo]» (lo ha trasmesso al Bukhâri). L’esegesi afferma che la rivelazione della Sura fu occasionata dalle domande di alcuni meccani idolatri i quali, su istigazione dei rabbini, cercarono di mettere in difficoltà l’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui) chiedendogli di spiegare perché Giacobbe e la sua famiglia si stabilirono in Egitto. 3 Vedi Appendice 4 «Corano arabo»: ricordiamo brevemente che, in arabo, Qur’an significa «lettura» e la lettura per antonomasia è il Libro Santo rivelato al Profeta Muhammad (pace e benedizioni su di lui). 5 «ti raccontiamo la più bella storia»: anche con il senso di «ti racconteremo la storia nel migliore dei modi». 6 II termine «ghafil» che solitamente traduciamo con «noncurante, indifferente, distratto» assume in questo caso il senso di «colui che non è al corrente, non è a conoscenza di qualcosa». 7 Giuseppe, tiglio di Giacobbe, figlio di Isacco, figlio di Abramo. 8 Potrebbe trattarsi dei primi musulmani che interrogavano il Profeta (pace e benedizioni su di lui) per istruirsi sulla religione o i politeisti che cercavano di metterlo in difficoltà. 9 «anche se noi siamo un gruppo capace»: in arabo «’usba», che significa un numero tra e Il senso è: «un gruppo più numeroso e capace di soddisfare le necessità di nostro padre». Giuseppe e Beniamino erano figli di Rachele, la moglie preferita di Giacobbe, gli altri figli erano: Ruben, Simeone, Levi, Giuda, Issacar e Zàbulon, figli di Lia sorella di Rachele; Dan e Neftali erano figli di Baia (serva di Rachele), Gad e Aser erano figli di Zelfa (serva di Lia): vedi Genesi xxxv, 23-10 «Uccidete…»: i fratelli parlano tra loro ma per fedeltà allo stile coranico abbiamo reso discorso usando la seconda persona plurale. Questa forma è comunemente usata nel Corano e può dare l’impressione dell’estraneità di chi parla rispetto al gruppo cui si rivolge. Noi diremmo: «Uccidiamo Giuseppe. Oppure abbandoniamolo in qualche contrada, sì che il volto di nostro padre…». 11 Ecco il movente del gesto criminoso che si prepara contro Giuseppe, invidia per la predilezione del padre e disappunto per il fatto di essere sconfitti nel paragone con le virtù del fratello. 12 Secondo la Bibbia (Genesi xxxvII, 21-si tratta del fratello maggiore Ruben (vedi nota introd.). 13 Si noti il particolare stile coranico. Vengono omessi tutti i dettagli non strettamente necessari alla comprensione del racconto. Tra le due proposizioni, quella della trama e quella in cui essa viene messa in atto non vi è alcun elemento di sceneggiatura. 14 «Bella pazienza»: l’espressione che abbiamo così tradotto è «Sabrun jamìl». Giacobbe invoca Allah (gloria a Lui l’Altissimo) affinché gli dia la forza e la compostezza in un momento di così grande difficoltà emotiva. 15 Nella Bibbia sono i fratelli a venderlo alla carovana di passaggio (Genesi xxxvII, per venti sicli d’argento; il Corano non precisa la circostanza, anzi dà l’idea che eseguirono il piano stabilito nel vers. gettando Giuseppe nella cisterna e allontanandosi. 16 «e furono in ciò deprezzatori»: abbiamo rispettato la forma letterale per dare il senso più profondo dell’espressione, e cioè che non avevano idea del valore che Allah attribuiva a quel giovane. 17 «ella lo desiderava ed egli l’avrebbe respinta con violenza»: un’altra possibilità di comprensione condurrebbe ad una traduzione ben diversa: «ella lo desiderava e anche lui l’avrebbe desiderata se…». 18 «se non avesse visto un segno»: Tabarì (xII, 185-dice che udì una voce che lo mise in guardia dalla tentazione. 19 «inviò loro qualcuno e preparò i cuscini»: espressione di estrema sinteticità per rendere tutto il concetto della formulazione degli inviti e dei preparativi del ricevimento. Il «cuscino» (in arabo «muttaka’») è proprio quello che viene offerto all’ospite non appena si siede, in modo che si sostenga o si appoggi. È un modo di comunicare la massima volontà di mettere l’ospite a suo agio. 20 «lo trovarono talmente bello»: la bellezza di Giuseppe è confermata da altri dati tradizionali. Il Profeta Muhammad (pace e benedizioni su di lui) disse che nel Paradiso gli uomini avranno le migliori caratteristiche che mai abbiano avuto nella storia dell’umanità, e tra l’altro saranno «belli come Giuseppe». 21 «nonostante avessero avuto le prove»: l’innocenza di Giuseppe era evidente e provata ma egli fu messo comunque in prigione per difendere l’onorabilità del grande notabile la cui moglie era sulla bocca di tutta la città. 22 «due giovani»: la Genesi (precisa che erano il capo coppiere e il capo panettiere del Faraone, accusati di malversazione. 23 «Non vi sarà distribuito cibo prima che…»: prima che vi sia distribuito un’altra volta il cibo… 24 «ho abbandonato la religione di un popolo che non crede»: Giuseppe rivela la sua fede nel Dio unico. 25 Prima di rispondere alle domande che i due giovani gli avevano rivolto, Giuseppe insegna loro la religione del suo avo Abramo. Egli cerca di convertirli alla fede nell’Unicità di Allah in maniera che entrambi, e soprattutto quello che sarebbe stato di lì a poco condannato a morte, potessero salvare le loro anime. Al contempo, il Corano rende evidente che la sua fede e il suo culto erano quelle caratteristiche che avevano favorevolmente colpito i suoi compagni di prigione, al punto da spingerli a rivolgersi a lui affinché interpretasse i loro sogni. 26 «Satana fece sì che dimenticasse di ricordarlo al suo signore»: nel caso il soggetto sia il coppiere, il pronome «lo» si riferisce a Giuseppe mentre «il signore» è il Faraone. Un’altra interpretazione tradurrebbe: «Ma Satana fece sì che dimenticasse di ricordare il suo Signore» e considera la continuazione della prigionia di Giuseppe come un castigo impostogli da Allah (gloria a Lui l’Altissimo) per essersi raccomandato alla clemenza di un uomo (il Faraone) piuttosto che a Lui. 27 Con lo stile narrativo che gli è caratteristico, il Corano tralascia tutti gli aspetti di sceneggiatura ed eccoci immediatamente nella prigione in cui si trova Giuseppe. 28 «eccetto quel poco che conserverete» [per la semina]. 29 «in cui gli uomini saranno soccorsi e andranno…»: dalla pioggia e potranno andare a spremere i frutti (mandorle, olive ecc.). 30 Giuseppe conscio della funzione che Allah gli aveva riservato, vuole uscire di prigione a testa alta, e solo dopo che la sua innocenza fosse stata inequivocabilmente riconosciuta. Riferisce la tradizione che il Profeta Muhammad (pace e benedizioni su di lui) disse in proposito: «Che Allah abbia misericordia di mio fratello Giuseppe, se fossi stato al suo posto sarei uscito dalla prigione senza altro indugio». 31 È Giuseppe che parla dopo essere stato informato della confessione della seduttrice mancata. Questo almeno è il parere del Tabarì (XII, 238). 32 II testo coranico descrive tre condizioni dell’anima: a) «ammàra» (vedi xii, 53): concupiscente, o «propensa al male». b) «lawwàma» (vedi lxxv, 2): consapevole, cioè in grado di distinguere il male, di accusare le sue stesse propensioni e di emendarsi. c) «mutma’inna» (vedi lxxxix, 27): acquietata, vale a dire radicata nella rettitudine ed immune da seduzione. È questo lo stato dell’anima a cui è concesso di accedere al Paradiso. Questa tripartizione è alla base della psicologia islamica. 33 «i tesori della terra»: Giuseppe chiede di sovraintendere ai depositi dei prodotti alimentari. In base a questo versetto è stato stabilito che coloro che sentano di avere una capacità specifica da mettere al servizio della comunità possono sollecitare un incarico. 34 La carestia imperversava in tutta la regione, solo l’Egitto grazie all’operato di Giuseppe aveva da mangiare. I figli di Giacobbe informati del fatto, vi si recarono per acquistarvi grano. Solo Beniamino rimase presso il padre che temeva la gelosia dei fratelli. 35 «Nascondete le loro merci… forse ritorneranno»: le merci che erano state scambiate con il grano. Giuseppe confida nell’onestà dei fratelli o nella loro avidità? 36 I fratelli di Giuseppe, ritrovando le loro merci, sono presi da entusiasmo e, spinti dal desiderio di un facile guadagno, cercano di coinvolgere il padre. 37 Giacobbe invita i figli ad entrare per porte diverse per evitare che l’entrare tutti insieme dalla stessa porta, giovani e prestanti, potesse attirare su di loro il malocchio degli invidiosi. 38 «egli stesso sarà il suo riscatto»: rimarrà prigioniero per pagare la sua colpa. 39 «Suggerimmo Noi quest’astuzia»: l’astuzia cui si riferisce il testo è quella di aver chiesto agli ebrei quale fosse la punizione per il furto nella loro legge (vedi versetto precedente). La legge egiziana infatti, non consentiva che si potesse ridurre in schiavitù un individuo colpevole di furto (Tabarì XIII, 24). 40 «già uno dei suoi fratelli aveva rubato»: la maggior parte dei commentatori (Tabarì XIII, riferiscono questa affermazione ad un episodio dell’infanzia di Giuseppe. Sembra che avesse sottratto un idolo al nonno materno pagano e lo avesse rotto e gettato. 41 «Implorarono»: il testo dice solo: «dissero». 42 «non potevamo prevedere l’ignoto»: cioè che Beniamino fosse accusato di furto e trattenuto in Egitto. 43 «Sbiancarono i suoi occhi»: Giacobbe perse la vista per il dolore. Vedi vers. 44 Giacobbe ha un segno del ritrovamento di Giuseppe non appena la carovana lasciò l’Egitto. 45 L’esegesi ritiene che il titolo di «madre» possa attribuirsi a Lia, sorella di Rachele, anch’essa sposa di Giacobbe. 46 Ora Allah (gloria a Lui l’Altissimo) si rivolge al Suo Profeta (pace e benedizioni su di lui). 47 «Nelle loro storie»: nelle storie dei messaggeri di cui al versetto precedente.
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