Segui ciò che ti è stato rivelato e sopporta con pazienza, finché Allah giudichi. Egli è il migliore dei giudici. Giona, profeta di Allah, visse nell’vm secolo avanti Cristo. Le fonti ebraiche, cui si riferiscono anche quelle arabe, ci dicono che era figlio di Amittai e che ricevette dal suo Signore l’ordine di andare a Ninive (Mossul, nell’attuale Iraq), per annunciare l’imminenza del castigo di Allah sulla città. Giona, il cui nome in ebraico significa «colomba», tentò vanamente di sfuggire all’ordine di Allah imbarcandosi su una nave che andava nella direzione opposta. Allah (gloria a Lui l’Altissimo) scatenò una terribile tempesta e Giona, che confessò di esserne la causa, finì gettato in mare dove fu inghiottito da un grosso pesce (è noto anche con il nome di Dhul-nun: l’uomo della balena). In quel ventre buio ebbe modo di essere rischiarato dalla luce del pentimento e l’Altissimo (gloria a Lui) lo salvò ordinando al pesce di rigettarlo su una spiaggia. Partì allora verso Ninive e, giuntovi, annunciò il castigo di Allah per la miscredenza degli abitanti. Tutta la città prestò fede alle sue parole e persino il re «si alzò dal suo trono, depose il suo mantello, indossò il sacco e si sedette nella cenere» (Giona ni, 6). Il Corano ci informa che il caso della città di Ninive fu l’unico in cui ebbe luogo una contrizione totale e repentina, talmente sincera che Allah perdonò i suoi abitanti e fermò il castigo che stava giungendo. La vicenda rappresenta la stolidità dell’uomo che crede di poter sfuggire al suo Signore e la dimostrazione della misericordia di Allah verso i singoli e verso le comunità che sanno pentirsi e ritornare a Lui.