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E di’: «La lode appartiene ad Allah, Che non ha figlio alcuno, Che non ha associati nella Sua sovranità e non ha bisogno di protettori contro l’umiliazione». Magnifica la sua grandezza 1 Correva «’am ul huzn», l’Anno della tristezza (619-d.C.). In soli tre giorni l’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui) aveva perso i due capisaldi della sua realtà affettiva e sociale, l’amatissima moglie Khadìja (che Allah sia soddisfatto di lei) e lo zio Abû Tàlib, capo del suo clan e suo protettore. Abù Lahab, suo zio paterno ma al contempo suo implacabile oppositore, era diventato il decano dei Bani Hâshim ed aveva fatto sì che Muhammad fosse isolato dal resto del clan. Senza protezione tribale, in quei tempi l’esistenza poteva essere molto difficile per chi si fosse messo in contrasto con la maggior parte dei notabili della città. Stretto in questa situazione l’Inviato di Allah tentò una missione rivolta agli abitanti di Ta’if, una città a un centinaio di chilometri dalla Mecca, sede del culto della dea al-Lat. Il risultato fu disastroso: respinto e ingiuriato, Muhammad (pace e benedizioni su di lui) corse gravi rischi per la sua incolumità e nel pieno dello sconforto pregò così il suo Signore: «Mi rifugio in Te, Signore, [afflitto] dal­la mia debolezza e dalla mia impotenza. Tu sei il Dio dei deboli, Tu sei il mio Signore e il mio Dio. Mi abbandonerai a stranieri nemici? Se non ho suscitato il Tuo corruccio, non temo alcunché. Mi rifugio nella Luce del Tuo Volto che ha illuminato. Non c’è forza e non c’è potenza se non in te». Dopo che ebbe pronunciato questa invocazione scese in lui una ritrovata serenità, rinacque la speranza e, ottenuta una protezione tribale, rientrò alla Mecca scortato da Mut ‘im ibn ‘Adiy e dai membri del suo clan. Poco tempo dopo Allah (gloria a Lui l’Altissimo) gli diede un meraviglioso segno della Sua Benevolenza. La tra­dizione, ricchissima a questo proposito, ci riferisce che una notte, mentre Muhammad (pace e benedizioni su di lui) stava dormendo, fu svegliato da Gabriele (pace su di lui) e condotto a Gerusalemme. Colà, nel recinto del Masjid al Aqsà (la «Moschea remota» di cui al vers. 1), pregò Allah insieme ad Abramo, Mosè e Gesù e tutti gli altri profeti (pace su tutti loro) e poi ascese fino al «Sidrâtu- T -Muntahâ» (il Loto del Limite) che si trova alla destra del Trono di Allah. Muhammad (pace e benedizioni su di lui) ebbe un colloquio con l’Altissimo che lo sa­lutò con una frase che è entrata a far parte dell’orazione rituale: «Siano su di te la pace, o Profeta, la misericordia di Allah e le Sue benedizioni, e sia pace su tutti i Suoi servi de­voti». Muhammad rispose allora con la professione di fede. Poi gli fu data conoscenza, dottrina, precetti morali e raccomandazioni per la sua missione. Inoltre, gli fu rivelato il vers. della Sura della Giovenca che contiene la sintesi dottrinale dell’IsIàm. «Il Mes­saggero crede in quello che è stato fatto scendere su di lui da parte del suo Signore, come del resto i credenti: tutti credono in Allah, nei Suoi Angeli, nei Suoi Libri e nei Suoi Messaggeri. Non facciamo differenza alcuna tra i Suoi Messaggeri.» E dicono: «Abbia­mo ascoltato e obbediamo. Perdono, Signore! È a Te che tutto ritorna» (Corano n, 285). Tra le norme ricevute c’era l’obbligo di compiere cinquanta orazioni ogni giorno. Su suggerimento di Mosè, Muhammad chiese all’Altissimo di alleggerire il precetto finché Allah lo ridusse alle cinque orazioni quotidiane. Quando ritornò alla Mecca il racconto di questo viaggio miracoloso suscitò l’ilarità e lo scherno dei miscredenti e molti musulmani di debole fede dubitarono di lui. In questo frangente il suo amico e futuro califfo Abù Bakr (che Allah sia soddisfatto di lui) dimostrò il livello della sua fede e la sincerità del suo affetto per l’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui) non dubitando nemmeno un istante della veridicità del racconto. Un altro argomento che la sura cita ai verss. 4-e è quello della profezia che si rife­risce ai «Figli di Israele». 2 «la Scrittura»: la Toràh (il Pentateuco). 3 «discendente»: il riferimento è a Mosè. 4 Vedi sopra nota 5 La fretta è una delle caratteristiche principali dell’uomo; Tabarì racconta di quando Adamo ricevette la vita: «Allah ordinò all’anima di entrare nel suo corpo. Dalla gola l’anima scese nel petto e nel ventre e man mano che pervadeva quella forma l’argilla il fango si trasformavano in ossa, nervi, vene, carne e pelle. Quando l’anima giunse alla testa Adamo starnutì e Allah gli ispirò le sue prime parole: “al-hamdu li -Llàh” (la lode appartiene ad Allah), Gabriele allora gli disse: “Che Allah abbia misericordia di te o Adamo!”. Adamo volse il capo e vide il Paradiso e le meraviglie che conteneva. Sentì la sensazione della fame e volle mangiare, cercò di alzarsi ma tutta la parte inferiore del suo corpo era ancora argilla e non potè farlo. Gabriele gli disse: “O Adamo, non avere fretta”». 6 «in essi cerchiate la grazia»: possiate lavorare per il soddisfacimento dei vostri biso­gni materiali. 7 «il suo destino»: il testo dice «il suo uccello». Il linguaggio ci tramanda tracce cultu­rali delle pratiche di omitomanzia in uso nell’Arabia preislamica. Anche le parti del cor­po avevano significato simbolico e il «collo» rappresentava la responsabilità, la mano la forza o il misfatto, il cuore l’intelligenza, il fegato l’afflizione, la lingua l’indiscrezione ecc. (Tabarì xv, 51). 8 II registro che nel Giorno del Giudizio sarà consegnato ad ogni uomo e che conterrà la registrazione fedele di ogni sua azione. 9 E certo che la volontà divina è assolutamente libera e non può subire condiziona­menti di sorta, ma è altrettanto certo che Allah è il Bene e che Lui Stesso ce lo dice (vedi vers. 77), non cambia la Sua Sunna (il Suo modo di comportarsi); in base a queste due premesse cerchiamo di spiegare quel «Quando vogliamo distruggere una città». Forse che Allah (gloria a Lui l’Altissimo) decide aprioristicamente la rovina di un popo­lo senza che esso abbia commesso gravi crimini e iniquità? Non è questa la Sunna di Allah. Ci pare illuminante a riguardo un discorso tra l’Altissimo e Iblìs che ci è stato trasmesso da un racconto tradizionale: «Disse Iblìs: “Perché se volevi che disobbedissi mi hai ordinato di prosternarmi davanti alla Tua creatura e mi hai indotto a sbagliare per poi maledirmi?”. Disse Allah: “Quando hai saputo che volevo che Mi disobbedissi, prima di farlo o dopo averlo fatto?”. “Dopo”, rispose Iblìs; concluse l’Altissimo: “Così ti ho colto in fallo”». L’insegnamento che possiamo trarre da questo discorso ci pare di poterlo applicare anche alla comprensione del versetto. Gli uomini sono liberi delle loro intenzioni e se queste intenzioni sono tese al male, all’ingiustizia, alla miscredenza, esse stesse determinano le condizioni in cui si realizza il castigo. Per quanto riguarda la re­sponsabilità delle classi agiate nella rovina di una città, basta leggere la storia e guardar­si attorno per rendersi conto che la ricchezza, conseguita e/o goduta in una società che ha ben poco di etico è foriera di grande ingiustizia e corruzione. Quando il denaro diven­ta strumento di potere e si avvolge atrocemente su se stesso utilizzando il meccani­smo della riba (usura, speculazione), la comunità si ammala, la tensione morale si ab­bassa sempre più, la circolazione del benessere ristagna in gruppi sempre esclusivi e mi­noritari, cessa la solidarietà e infine la società collassa afflitta dalla violenza e dalla dis­solutezza. Un’altra possibilità di lettura (Tabarì xv, porterebbe a questa traduzione: «Quando vogliamo distruggere una città, facciamo dei suoi ricchi i detentori del potere». Il senso è comunque il medesimo. 10 La trad. lett. suonerebbe: «Il tuo Signore basta a Se stesso come conoscitore ed os­servatore dei peccati dei Suoi servi». 11 Allah (gloria a Lui I’Altissimo), é Ar-Razzaq (Colui Che provvede), Egli dà all’uomo in base alla Sua Volontà, secondo le Sue intenzioni. Chi desidera i beni dell’effimero li potrebbe ottenere dal Suo Signore, ma essi saranno il viatico della dannazione.L’altra vita invece non dipende solo dal desiderio, ma é subordinata ad una fede e ad uno sforzo che promana da tale fede. In ogni caso Allah dispensa a tutti i Suoi doni. 12 Questo è il fondamento teologico, testuale, dell’importanza che l’IsIàm attribuisce al rispetto nei confronti dei genitori. Il Sublime Corano arriva fino a prescrivere il massimo rispetto anche in caso di avanzato stato di senilità, e anche quando i genitori stessi siano miscredenti. Allah (gloria a Lui l’Altissimo) pone questo rispetto immediatamente dopo quello che si deve a Lui, riconoscendoGli l’Unicità assoluta. La società esistente nei pae­si islamici ci offre frequentissimi esempi di quanto sia viva e vissuta la considerazione nei confronti dell’anziano, di fronte alla quale la situazione del suo coetaneo in ambiente occidentale, cristiano o laico, è veramente triste. 13 Secondo gli esegeti la «parola di bontà» è la promessa di dare al momento propizio, confortando in tal modo il mendicante o il bisognoso. Inoltre, quando non può dare, il musulmano dimostra la sua solidarietà verso il disagiato rivolgendogli un’espressione come «Allah ti darà». 14 «Non portare la mano al collo»: in un gesto di giuramento tipico degli arabi che vuol significare: «sono strozzato, non ho nulla da dare». 15 In questo versetto (come sopra nei verss. 26-è contenuta anche una decisa condanna della prodigalità, considerata come il peccato diame7tralmente opposto all’a­varizia ma non meno grave. L’equilibrio di cui deve dar prova chi fa parte di una co­munità che Allah (gloria a Lui l’Altissimo) definisce «wustà» mal si concilia con ge­sti stravaganti che susciterebbero la riprovazione pubblica e potrebbero condurre alla ro­vina economica. Anche la condizione materiale dell’individuo, oltre quella spirituale e intellettuale, provengono dall’Altissimo e comportano precise responsabilità di giustizia nei propri confronti e in quelli della società in cui si vive. 16 Questo versetto conferma la pena del contrappasso, attribuendo agli eredi della vittima il diritto di ottenere la morte dell’uccisore senza efferatezze o torture e senza coinvolgere altri che il colpevole. Sarà bene precisare che la pena capitale si può appli­care solo in caso di omicidio intenzionale (di primo grado) in cui sia accertata la volontà di uccidere e che sia stato compiuto con mezzi o tecniche atte ad uccidere. La procedura penale islamica è molto attenta alla valutazione delle prove, all’escussione dei testi e alla valutazione delle circostanze. Inoltre, l’applicazione della pena avviene solo quando non sia possibile concedere nessuna attenuante. Fatto salvo il diritto del contrappasso, Allah (gloria a Lui l’Altissimo) raccomanda alla parte lesa l’accettazione del guidrigildo (il prezzo del sangue). 17 «sarà assistito»: dalla legge, che garantisce anche dagli eccessi dell’offeso. 18 Creatura tra le creature, l’uomo non ha nessuna ragione di alterigia nei confronti della natura. Solida è la terra sotto i suoi piedi che lo sostiene senza sforzo, alte le montagne che lo sovrastano e mai potrà eguagliarne l’altezza. 19 Vedi xvI, e la nota. 20 [la dottrina] questo è il termine che secondo Tabari è sottointeso (Tabarì xv, 91), cioè tutto quel complesso di Rivelazioni, promesse, minacce, precetti e parabole che costituiscono il contenuto del Corano. 21 La lettura del Corano suscita nel credente una grande emozione, c’è chi lo com­prende con l’intelletto e con il cuore, e chi lo «sente» solo con il cuore (ed è il caso di molte centinaia di milioni di musulmani non arabofoni), tuttavia ci risulta impossibile ritenere che si possa rimanere indifferenti ascoltandolo. Il fatto che molti, anche com­prendendone le parole, non si sentano profondamente toccati dipende appunto da que­sta «spessa cortina» che Allah (gloria a Lui l’Altissimo) ha posto tra la rivelazione e i miscredenti. Vedi anche il vers. della Sura della Giovenca: «Allah ha sigillato i loro cuori e le loro orecchie e sui loro occhi c’è un velo: avranno un castigo tremendo». 22 II versetto sembra indicare una regola di «adab» (di buon comportamento) che, in caso di contrasto tra due o più persone, impedisce di trascendere verbalmente dando modo al Maligno di intromettersi e provocare violenza. 23 «Non ti inviammo»: come già in altri passi il Sublime Corano ribadisce l’assoluta autonomia della volontà divina e nel contempo rassicura il Profeta (pace e benedizioni su di lui) a proposito delle sue responsabilità, che riguardano solo l’esatta trasmissione del messaggio divino. 24 «Quelli stessi che…»: «che gli associatori invocano». Angeli, profeti o santi che gli uomini ritengono possano fungere da intermediari tra essi e la divina misericordia. 25 Tutte le comunità umane saranno provate dalla potenza di Allah: a causa dei loro peccati: saranno annientate o severamente provate per mezzo di carestie, guerre, pesti­lenze… (Tabarì xv, 107). 26 La domanda del miracolo come prova della veridicità della Rivelazione ricorre spes­so da parte dei politeisti contemporanei delLInviato di Allah (pace e benedizioni su di lui). Allah (gloria a Lui l’Altissimo) ricorda la cammella mandata ai Thamùd per raffor­zare la predicazione di Salih (vedi vII, e il trattamento che le fu riservato. Le ultime parole del versetto sembrano dire che dopo il Corano gli unici segni che Allah invierà sa­ranno cataclismi e sventure per incutere il timore nel cuore degli uomini. 27 «ti proteggerà dagli uomini»: lett. «circonderà gli uomini». 28 II racconto del viaggio notturno (vedi nota ) suscitò grande ilarità nei meccani av­versari del Profeta (pace e benedizioni su di lui) e Allah (gloria a Lui l’Altissimo), avver­te il Suo Inviato che anche questa è una «fitna» (in questo caso un’occasione di ribellio­ne) come lo è l’albero «zaqqùm» di cui si parla spesso nel Corano (xxxvii, 62-xliv, lvi, 52). I disgustosi frutti di quest’albero saranno infatti cibo dei dannati e tormento dei loro visceri. I pagani schernivano la Parola di Allah affermando che in mezzo ad un fuoco che fonde pietre e metalli nessun albero potrebbe crescere. Grande è la presunzio­ne dei miscredenti ed essa stessa è fonte e ragione della loro rovina. 29 A proposito della ribellione di Iblìs vedi la nota a ii, 30 Seduzione, violenza, benessere materiale e progenie illecitamente acquisita sono le armi della tentazione che Allah (gloria a Lui l’Altissimo) concede a Satana. 31 Come già in altri passi l’andare per mare è associato ai commerci tendenti alla rea­lizzazione dei bisogni materiali dell’uomo. 32 Certamente il Corano non parla del viaggio aereo né di quello spaziale. Al tempo della sua rivelazione, tali imprese erano talmente estranee allo stato delle conoscenze umane che anche il solo accennarne, avrebbe dato vita a comprensioni equivoche e svianti della parola di Allah. 33 «alla loro guida»: in arabo «imam». L’imam, nell’IsIàm, è colui che guida una comu­nità. In questo caso sono i profeti (Tabarì xv, che chiameranno i popoli presso i quali esercitarono la loro missione e li condurranno al Giudizio. 34 Intorno al d.C. i meccani proposero all’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui) un compromesso che prevedeva il rispetto da parte sua di alcune divinità princi­pali deH’olimpo pagano in cambio della loro tolleranza per il Dio di cui egli parlava. Spinto dalla sua devozione, che soffriva nel sentire le bestemmie che i politeisti pronun­ciavano contro Allah, Muhammad (pace e benedizioni su di lui) considerò la proposta (vedi versetti successivi). Allah intervenne con una rivelazione e nel contempo gli diede segno dell’astuzia di Satana. 35 L’Egira del Profeta (pace e benedizioni su di lui) non fu certo provocata dalle minac­ce e dalle persecuzioni che gli idolatri misero in atto contro di lui, ma da un preciso ordine dell’Altissimo (gloria a Lui) che s’inseriva nel Suo disegno provvidenziale di for­mazione della comunità islamica di Medina. Il versetto dice inoltre che se invece fossero stati i miscredenti a cacciare l’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui), sarebbe stato l’inizio della fine per la loro comunità. Allah (gloria a Lui l’Altissimo) ricorda che questo fu il destino dei popoli che agirono in tal modo e che anch’essi avrebbero avuto uguale sorte. 36 Vedi Appendice 37 «la Recitazione dell’alba è testimoniata»: all’alba gli angeli assistono alla lettura del Corano (Tabarì 134-141). La salàt del fajr (dell’alba appunto) è quella in cui è racco­mandato di prolungare la recitazione del Corano. Per tale ragione questa orazione è nota anche con il nome di «Qur’ànu 1-fajr (Corano, o recitazione, dell’alba). 38 Si tratta della preghiera detta «tahajjud» che veniva assolta dall’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui) dopo aver dormito una parte della notte. La tradizione ci riferisce che egli si svegliava, recitava alcuni versetti del Corano, si alzava, eseguiva l’a­bluzione e poi pregava. Prima di riaddormentarsi leggeva un’altra parte del Libro Santo, il più delle volte gli ultimi dieci versetti della sura della Famiglia di ‘Imran (III, 190-200). Grazie a questa particolare devozione Allah (gloria a Lui l’Altissimo) promette al Suo Inviato (pace e benedizioni su di lui) il più alto livello del Paradiso (il Wasìla) e la facoltà di intercedere per la sua comunità. 39 «una stazione lodata»; «maqàmu i-mahmud» è la dimora più elevata del Paradiso. Ad eccezione del Profeta Muhammad (pace e benedizioni su di lui), nessuna creatura potrà mai accedervi. 40 Questa l’invocazione dell’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lùi) quando la­sciò la sua città natale per emigrare verso quell’oasi di Yatrib che proprio a causa della sua presenza sarebbe poi diventata per tutti quanti la Medina (la città) del Profeta. L’invocazione ha comunque una portata generale tanto che il Profeta (pace e benedizio­ni su di lui) la recitava spesso quando usciva di casa. 41 Recitando questo versetto Muhammad (pace e benedizioni su di lui) rientrò trion­falmente alla Mecca e distrusse i idoli che si trovavano nel recinto della Santa Mo­schea. 42 La parola di Allah è conforto e pace per coloro che la riconoscono come tale men­tre per gli empi che la negano è fonte di tormento in questa vita e di dannazione nell’al­tra. 43 «si sottrae e si allontana»: dai suoi obblighi di riconoscenza nei confronti del Crea­tore dei mondi. 44 «Anima»: «ar-rûhu», vedi nota a xvI, 45 Vedi nota “ 46 «nove segni evidenti»: a proposito di questi segni ci sono due interpretazioni classi­che entrambe accettabili. La prima afferma trattarsi dei comandamenti con l’esclusione del precetto sabbatico (vedi xvi, 124), l’altra ritiene che siano i prodigi che Allah diede a Mosè: la mano che divenne bianca (da bruna che era, vedi xx, 22), il bastone che si tra­sforma in serpe (xx, 17-21), il suo eloquio, che da stentato divenne Uuente (xx, 27), il di­luvio, le cavallette, le pulci, le rane e l’acqua del fiume mutata in sangue (vii, e infi­ne la traversata del mar Rosso (xx, 77-e xxvi, 63-66). 47 «lo facemmo scendere gradualmente»: il Corano fu rivelato (scese) durante un lungo periodo (ventitré anni) in base alle esigenze della costituenda comunità islamica. A proposito dei nomi di Allah (gloria a Lui l’Altissimo) vedi Appendice «una via mediana»: recitando cioè «ad alta voce» le orazioni del tramonto, della not­te e del primo mattino, in sordina quelle del mezzogiorno e del pomeriggio.
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