In verità ad Allah [appartiene] tutto ciò che è nei cieli e sulle terra. Egli conosce le vostre condizioni e nel Giorno in cui li ricondurrà a Sé li informerà a proposito del loro agire. Allah conosce ogn cosa. 1 In questa sura sono contenuti elementi spirituali, legali e comportamentali, tra loro molto diversi ma tutti di grande pregnanza e significato. Nella prima parte della sura troviamo i versetti relativi alla fornicazione, alla diffamazione, quelli che stabiliscono la forma corretta per la cessazione di un matrimonio viziato da un adulterio non dimostrabile, quelli che si riferiscono alla calunnia contro ‘Aisha (che Allah sia soddisfatto di lei), le norme dettate per chiedere il permesso di entrare in casa altrui, quelle sull’abbigliamento e sul comportamento femminile. Questi versetti disegnano alcune importanti linee di fondo della morale sessuale e delle regole di riservatezza e pulizia mentale che deve osservare la comunità islamica. Con il celebre «versetto della luce» spesso citato come una delle sommità liriche del Corano e con quello delle «tenebre ammassate», Allah (gloria a Lui l’Altissimo) ci propone un’ulteriore metafora della luminosità della fede contrapposta alle tenebre della miscredenza. 2 Rendere con «luce» il significato spirituale di «nùr» è un ulteriore esempio della difficoltà di tradurre il Sublime Corano. In arabo esistono due termini diversi per indicare la luce: «daw» è luce intesa in senso tecnico, mentre «nùr» ha senso metaforico e spirituale. Allah è Luce, luce che risplende di per Sé, nulla potrebbe illuminarLo all’infuori di Lui Stesso. Allah è l’unica reale sorgente della luce di conoscenza, Egli è la Luce che conduce alla salvezza. 3 «la fornicatrice e il fornicatore»: nonostante la chiarezza inequivocabile dei termini usati nel Corano per indicare coloro che compiono «az-zinà», fornicazione, alcuni traduttori preoccupati di prestare il loro lavoro a speciose, contingenti esigenze di «modernizzazione» dell’IsIàm, hanno reso «az-zàniyyatu wa ‘z-zânî» con «l’adultero e l’adultera», il che costituisce una grave manomissione del significato del Corano. L’adulterio infatti è una «relazione illecita che viola il vincolo matrimoniale» mentre la fornicazione è «l’avere rapporti sessuali al di fuori del matrimonio». Le due cose sono sostanzialmente diverse, nel primo caso il matrimonio è condizione sine qua non dell’adulterio e pertanto la pena riguarda solo coloro che hanno un vincolo matrimoniale in atto, nel secondo caso lo stato civile del reo è islamicamente importante solo per determinare la natura della pena. Se il fornicatore è «muhsan», è cioè stato sposato almeno una volta con una donna musulmana, a prescindere da quale sia la sua condizione al momento del fatto, in base alla Sunna dell’Inviato (pace e benedizioni su di lui) viene applicata la pena di morte mediante lapidazione, se questa condizione non ricorre la pena prevista è quella indicata da questo versetto. Si è molto discusso e si discute in ambienti islamici intellettuali a proposito dell’applicazione delle norme relative alla sanzione della fornicazione in particolare e dell’applicazione delle pene previste dalla shariah per alcuni gravi crimini come l’omicidio e il furto. Per quanto ci riguarda vorremmo solo avanzare una generalissima considerazione: Allah è il Compassionevole, l’uomo non potrà mai esserlo più di Lui. La Sua compassione è omnicomprensiva, essa permette l’esistenza del mondo, garantisce l’umanità e protegge il debole. La Parola di Allah (gloria a Lui l’Altissimo) e la Sunna dell’Inviato (pace e benedizioni su di lui) sono le nostre fonti di diritto, le quattro scuole di diritto canoniche («fiq» malikita, hanafita, sciafaita e hanbalita) rappresentano l’interpretazione ortodossa e accettata di quella Parola e di quella Sunna. Tuttavia, nonostante che le procedure penali previste dalla legge islamica siano tali da impedire qualsiasi abuso nell’applicazione delle leggi religiose, la realtà è molto diversa e le pene vengono spesso erogate in assenza delle garanzie legali per gli imputati e con una marcata tendenza a scaricare sui più deboli contraddizioni politiche e gravi deficit di giustizia. Non è questo lo spirito della legislazione relativa agli huddud (sing. hadd), i limiti estremi oltre i quali sono previste le pene corporali. Ed è proprio in nome del timore di Allah (taqwà), che una riflessione in merito s’impone a tutti i credenti. 4 «poiché ciò»: questo tipo di connubio. 5 La testimonianza o la confessione del reo sono le uniche condizioni alle quali è possibile applicare la pena prevista per la fornicazione (vedi sopra nota al vers. 2). La tradizione sottolinea che ci deve essere una testimonianza estremamente precisa della fornicazione. L’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui) interrogò in questi termini un uomo che aveva confessato la fornicazione: «Come fa la bacchetta del khol nel suo astuccio, come la corda del secchio nel pozzo?». In mancanza di tale confessione o di una quadruplice testimonianza oculare l’accusa di fornicazione non sussiste e chi dovesse formularla subirebbe la fustigazione prevista in questo versetto. 6 Da questo versetto inizia la formulazione del «li‘ân», una forma di divorzio che la giurisprudenza islamica ha ritenuto fosse esclusivo diritto del marito che scopra la moglie in flagrante adulterio o che abbia la certezza di non essere il padre del bambino di cui la moglie è incinta e non possa produrre la testimonianza unanime di quattro persone (vedi vers. e la nota). 7 II versetto allude alla calunnia di cui fu vittima ‘Aisha (che Allah sia soddisfatto di lei), la giovane sposa dell’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui). L’illazione malevola, la diffamazione personale, la calunnia, sono strumenti ben noti della lotta tra gli uomini, in diplomazia, in politica, e persino nei contenziosi commerciali e vicinali. La rovina di un individuo innocente, di una famiglia serena può essere determinata dai pettegolezzi, dalle vociferazioni, dalla perfidia di qualcuno e dalla indegna complicità di molti che fungono da propagatori e amplificatori della calunnia. La rivelazione divina che troncò e fece fallire le manovre contro l’Inviato di Allah e la sua famiglia è fissata a chiare lettere nel Corano, lieta novella e monito per tutti gli uomini. 8 Abû Hurayra (che Allah sia soddisfatto di lui) disse: «Sentii il Profeta (pace e benedizioni su di lui) dire: “Il servo che pronunci una parola senza riflettere sulle sue implicazioni scivolerà per quella dentro il Fuoco, ad una profondità maggiore della distanza tra l’Oriente e l’Occidente”» (da II Giardino dei Devoti, cit., p. ). 9 Questo versetto è un’apparente ripetizione del vers. In realtà nel primo l’accento era sulla minaccia del castigo, nel secondo Allah (gloria a Lui l’Altissimo) citando due volte la Sua misericordia dà un segno dell’avvenuto perdono. 10 Secondo il Tabarì, (XVIII, 101), «scandalo e disonore» sono riferiti alla fornicazione, la purezza invece è l’IsIàm. Altri ritengono che il versetto insista ancora sulla vicenda dell’«ifk» e pertanto vada reso in questi termini: «… nessuno di voi sarebbe mai uscito puro da questa vicenda». 11 L’esegesi classica ricollega direttamente questo versetto alla questione della calunnia contro ‘Aisha (che Allah sia soddisfatto di lei). Tra coloro che avevano riportato la calunnia c’era anche un tale Mistâh suo parente, che viveva grazie alla generosità del di lei padre Abû Bakr. Il futuro califfo offeso e amareggiato aveva giurato di escluderlo dal sussidio che regolarmente gli passava. Dopo la rivelazione di questo versetto fu il Profeta stesso (pace e benedizioni su di lui) ad intervenire nei suoi confronti affinché perdonasse l’offesa e riprendesse l’elargizione caritatevole. 12 «distratte»: pare che il termine si riferisca ad ‘Aisha che per sua giovanile, involontaria leggerezza, creò le condizioni della calunnia di cui fu vittima. Un’altra interpretazione condurrebbe a questa traduzione: «le [donne] oneste, indifferenti [alle dicerie ma] credenti». 13 Con questo versetto si conclude la parte di sura relativa alla vicenda della calunnia contro Aisha. Certamente Muhammad è stato l’uomo complessivamente migliore che Allah (gloria a Lui l’Altissimo) abbia mai creato e le sue spose non potevano che essere adeguate alla sua eccellenza e alla sua funzione. 14 Vedi nota al successivo vers. 15 Il versetto, con quello che lo precede e quello che lo segue, stabiliscono le regole dell’inviolabilità domiciliare e il rispetto dell’intimità tra i musulmani. Non c’è silenzio- assenso a meno che la casa non sia disabitata. La Sunna prevede che dopo aver chiesto tre volte il permesso di entrare, senza aver ricevuto uno specifico consenso, il visitatore deve andarsene via senza insistere oltre. 16 Secondo i commentatori si tratta dei locali adibiti ad esercizi commerciali, alberghi, caravanserragli ecc. In tali locali, proprio per la loro funzione di «pubblici esercizi», non è necessaria la richiesta di permesso per entrare. 17 Vedi nota al successivo vers. 18 La castità, intesa non solo come l’astensione da ogni relazione sessuale illecita, ma anche come atteggiamento generale della mente e dei sensi è una caratteristica fonda- mentale del comportamento del musulmano, sia esso maschio o femmina. 19 Secondo Al-Ghazali la sessualità coniugale ha tre fini: l’anticipazione dei godimenti paradisiaci, la preservazione dalla fornicazione, la riproduzione della specie. La sessualità è una delle grandi leggi che reggono la storia dei popoli e dei singoli individui, come la legge di gravità o la termodinamica e lo stato matrimoniale è l’unica condizione in cui i credenti possano dare lecita soddisfazione ai loro istinti sessuali, preservando la società da tragici danni morali e materiali. La famiglia è la cellula fondamentale di quel complesso organismo vivente che è la società e il matrimonio è lo strumento che ne governa la formazione. Ci sono moltissime tradizioni risalenti all’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui) che ci edificano sull’importanza del matrimonio e sul valore dell’attività sessuale all’interno di questo istituto. Parlando ai poveri che lamentavano il fatto di non poter elargire elemosine Muhammad (pace e benedizioni su di lui) li informò che per ogni atto sessuale lecitamente compiuto sarebbe stato loro ascritto il merito di un’elemosina. È pertanto in quest’ottica di tutela dell’equilibrio personale e sociale che va intesa la raccomandazione contenuta in questo versetto. 20 «l’affrancamento contrattuale»: il «mukâtabah» è il contratto di affrancamento in base al quale un padrone si impegna a liberare uno schiavo in cambio di una compensazione in denaro o altro. Il Corano riconosce questo diritto dello schiavo e, al contempo, impegna i credenti singolarmente e lo Stato islamico nel suo complesso a favorire tale affrancamento. Liberare gli schiavi e i prigionieri di guerra è un’azione per la quale è lecito utilizzare la zakât (Appendice 3). 21 Prima dell’IsIàm gli arabi consideravano il prossenetismo un’attività non solo lecita ma addirittura «onorevole». Molti notabili medinesi tra cui il famoso Abdallah Ibn ‘Ubay, che sarebbe poi diventato il capo degli ipocriti in quella città, gestivano case di piacere in cui sfruttavano le grazie di giovani schiave acquistate a questo scopo, procurandosi notevoli introiti e vantaggi «politici». Abù Bakr informato della loro triste condizione ne fece parte al Profeta che obbligò il mezzano «eccellente» a liberarle. 22 È questo il celeberrimo «ayat ’n-nùr», il versetto della luce, che ha fatto versare fiumi di inchiostro a commentatori e tradizionalisti, mistici e filosofi. Un breve sunto delle principali interpretazioni necessiterebbe di un intero saggio. Ci limitiamo a segnalarlo all’attenzione del lettore, sicuri che la sua intrinseca bellezza (anche nella nostra modesta traduzione) si commenti da sé. 23 «nelle case»: «fi buyûtin». I commentatori hanno ritenuto corretto interpretare queste «case» con «moschee», anche alla luce del versetto successivo in cui si parla di orazione e decima, caratteristiche peculiari del rito e della legge islamica. 24 Dopo il versetto della «luce su luce» questo che ci parla di «tenebre ammucchiate». Il significato spirituale di questa contrapposizione è evidente. Quando la vita dell’uomo non è illuminata dalla fede, è ottenebrata dalla miscredenza che i travagli dell’esistenza rendono sempre più tormentata e senza speranza. Riferiamo a proposito di questo versetto una moderna interpretazione scientifica degli «Ammassi di tenebre le une sulle altre» che senza negare le precedenti esegesi tradizionali vi si aggiunge. Il fenomeno si verifica nei mari profondi ed è per questo che il testo parla di «tenebre di un mare profondo». Queste tenebre sono definite «le une sulle altre». Esse, così come sono descritte nel Corano, sono nei mari profondi e nascono dalla combinazione di due fattori che a loro volta derivano dalla sparizione dei colori negli strati inferiori del mare. È noto che il raggio luminoso è composto da sette colori. Al contatto con l’acqua questo raggio si scompone nei sette colori dell’iride. Il colore rosso viene assorbito nei primi dieci metri. Se un subacqueo si ferisse oltre quella profondità, non vedrebbe rosso il sangue che sta perdendo in quanto la radiazione del rosso non sussiste più. Poi viene assorbito l’arancione, a metri comincia l’assorbimento del giallo, a metri il verde. Al disotto dei metri viene assorbito anche il blu. E così che le tenebre del verde appaiono a metri di profondità, quelle del giallo a metri e prima di loro ci sono quelle dell’arancione e del rosso. Si tratta quindi di «tenebre le une sulle altre» così come dice il Sacro Testo. Molti commentatori contemporanei hanno tratto da questa interpretazione una riprova dell’origine divina del Corano. Nessun uomo del deserto dell’Arabia del VII secolo avrebbe mai potuto possedere tali conoscenze scientifiche e meno che mai un illetterato qual era Muhammad (pace e benedizioni su di lui). 25 «Dall’acqua Allah ha creato tutti gli animali»: il termine che abbiamo reso per estensione con «animali» è «dàbba» che esprime il concetto di «camminare sulla terra». Secondo l’esegesi contemporanea questo passo conferma la tesi dell’origine marina di tutte le creature viventi sostenuta dalla scienza. 26 I versetti dal al e poi ancora 53-si riferiscono agli ipocriti di Medina che rifiutavano, nonostante l’accordo che avevano sottoscritto, di rimettersi alle decisioni dell’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui) in merito alle loro controversie. A proposito del dubbio come malattia della mente e dello spirito, vedi nota a II, 27 L’esegesi classica interpreta questo passo come la profezia del governo dei primi quattro califfi: Abû Bakr, Umar, Uthman e Alì. Certamente l’espansione territoriale dell’IsIàm in quel periodo fu straordinaria, ma a tutt’oggi questa crescita non è rallentata. L’Enciclopedia Italiana Treccani indica che negli anni Trenta i musulmani erano milioni, oggi sono oltre un miliardo e duecento milioni. L’IsIàm è la sola ad essere in crescita tra le grandi religioni, sia dal punto di vista demografico che da quello delle conversioni. L’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui) disse: «In verità Allah mi ha esposto la terra mostrandomene l’Oriente e l’Occidente, perciò il regno della mia comunità comprenderà tutto ciò». 28 II versetto mira a tutelare l’intimità anche all’interno della famiglia, indicando tre momenti in cui anche i servi e gli impuberi sono obbligati a chiedere il permesso di entrare in una stanza. Si ricordi che nell’IsIàm la pubertà si identifica con l’età maggiore dell’individuo e, di conseguenza, ne comporta tutti i diritti e i doveri. 29 II versetto si riferisce alle donne che oltre ad essere in menopausa, non sentono in loro nessun desiderio sessuale e pertanto non «sperano più di sposarsi». 30 Questo versetto si riferisce espressamente ad una superstiziosa consuetudine che tendeva ad escludere gli invalidi e i malati dai pasti in comune. Inoltre elenca le case nelle quali è lecita una sorta di libera convivialità. 31 La formula di saluto di cui parla il Santo Corano è: «As-salàmu ‘alaykum wa rahmatu “Llahi wa barakâtuh» (siano con voi la pace e la misericordia di Allah e le Sue benedizioni), al quale si risponde con la stessa formula: «wa ‘alaykum ’s-salamu wa rahmati ‘Llahi wa barakatuhu». Cfr. nota a IV, 32 «non giunga loro una prova»: lett. «che non li afferri la fitna»: la tentazione di creare disordine e sedizione.