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O voi che credete, perseverate! Incitatevi alla perseveranza, lottate e temete Allah, sì che possiate prosperare 1 . 2 Rivelata a Medina nel nono anno dall’Egira, questa sura viene messa in relazione con la visita di una delegazione di cristiani del Najrân. I cristiani, guidati da un vescovo, furono ricevuti dal Profeta (pace e benedizioni su di lui) nella moschea e furono persino autorizzati a celebrarvi la messa. Le discussioni verterono sulla questione della «divinità» di Cristo e, di fronte alle sottigliezze dialettiche dei cristiani, Muhammad (pace e benedizioni su di lui) propose di ricorrere alla «mubàhala» (l’ordalia). Era questa una vecchia consuetudine in forza della quale due parti sottoponevano ad Allah il loro contenzioso, invocando la maledizione divina su chi avesse torto. Per avere maggior forza, l’ordalia coinvolgeva le persone più care ai contendenti, e pertanto venivano chiamati i figli e le donne dei due partiti. La storia ci dice che i cristiani rifiutarono di sottoporvisi, e che accettarono il pagamento di un tributo in cambio della loro libertà religiosa, del rispetto delle loro persone e dei loro beni. Il Profeta sottoscrisse l’accordo ed essi furono i primi a godere dello status di «dhimmi» (protetti). 3 La famiglia di ‘Imràn, che dà nome alla sura, è quella che discende dall’omonimo nipote di Levi, figlio di Giacobbe, figlio di Isacco, figlio di Abramo. ‘Imràn fu il padre di Aronne e Mosè (pace su tutti loro). 4 Sul significato di queste lettere vedi Appendice 5 «l’Assoluto»: lett. «Colui Che esiste di per Se Stesso e per il Quale tutto esiste» (cfr. ıı, 255). In base ad una tradizione nei verss. e di questa sura si troverebbe il Nome Sublime di Allah. Vedi Appendice (vedi anche ıı, e xxı, 87). 6 «Ha fatto scendere»: il verbo che implica il concetto di far scendere, frequentemente utilizzato dal Corano per parlare della Rivelazione, ha in arabo due forme distinte: «far scendere poco a poco» (nazzala) e «far scendere tutto insieme» (anzala) che ritroviamo in questo versetto riferite, la prima al Corano, la seconda alla Torâh e all’Ingìl (vedi nota 8). 7 «su di te»: (o Muhammad). 8 «ciò che era prima di esso»: prima del Corano. 9 La Torâh e l’Ingìl. Con Torâh (la legge), si intende l’insieme della legge mosaica e in particolare il Pentateuco (che nella versione che possediamo oggi comprende appunto cinque libri: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio). Rispetto al testo rivelato della Torâh, l’attuale Pentateuco è formato da testi composti nell’arco di tempo che va dall’epoca immediatamente successiva al Profeta Mosè (xm sec. a.C.), fino alla fine dell’esilio di Babilonia (v sec. a.C.). L’Ingìl di cui parla il Corano è il nome dato al complesso delle rivelazioni che Allah (gloria a Lui l’Altissimo) si è compiaciuto di dare al Suo Profeta Gesù (pace su di lui). Ammesso che queste rivelazioni siano mai state poste per iscritto in un volume, esso si è perso; quelli che oggi vengono chiamati Vangeli, non sono altro che raccolte di tradizioni più o meno autentiche in merito alla vita del Cristo e alla sua predicazione. Dalla gran massa di «vangeli» la Chiesa cristiana, trasse i «quattro vangeli» ufficiali (Matteo, Marco, Luca e Giovanni) definendo tutti gli altri «apocrifi» (dubbi o falsi). 10 II Discrimine (al Furqan) è uno dei nomi del Corano. Con il senso di ciò che permette di distinguere, di separare il bene dal male (vedi nota introduttiva alla sura xxv). 11 «versetti espliciti…»: il termine che abbiamo tradotto con «espliciti» è «muhkamât» che significa «conclusi, ben stabiliti, precisi». 12 «la Madre del Libro»: (Ummu-1-kitâb, in arabo si usa spesso il termine «madre di… padre di…» per indicare l’origine profonda o concettuale di qualcosa. 13 «e altri che si prestano ad interpretazioni diverse»: questa la traduzione che abbiamo fatto di «mutashâbihât» che significa letteralmente «apparentemente simili». 14 «una malattia nel cuore»: il dubbio (Tabarì ııı, vedi nota a ıı, 15 Allah, (gloria a Lui l’Altissimo) ci avverte che il Suo Libro contiene elementi di diverso spessore e la cui comprensione non è sempre agevole o univoca l’interpretazione. Chi vuole polemizzare con il suo Signore (e già è bestemmia solo l’intenzione di ciò) prende a pretesto i versetti «allegorici», quelli di difficile o controversa spiegazione e li utilizza per arrecare danno a se stesso innanzi tutto e ai credenti. Solo Allah ha scienza esatta e finita della Sua Scienza e coloro che da Lui ne hanno ricevuto una parte non possono che dire: «Noi crediamo: tutto viene dal nostro Signore». 16 «i soli a ricordarsene… sono i dotati di intelletto»: la vita del musulmano è un «dhik- ru-l-Llah», un ricordo di Allah. Questo termine va inteso come la lucida coscienza dell’Onnipresenza divina che l’uomo in equilibrio con se stesso percepisce attraverso la sua mente. 17 «Come la gente di Faraone»: nel Corano si parla di due faraoni. Uno è il Faraone di Giuseppe, che impressionato dalla sua capacità di interpretazione dei sogni gli affidò le sorti dell’Egitto in un momento di grande difficoltà (vedi sura xn). L’altro è quello di Mosè, che rifiutò di credere nell’Unico e che affermava di essere Dio lui stesso (vedi ad es. sura xx). Quando viene citata la gente di Faraone (‘âl- Fır‘aûn) si intendono i seguaci del secondo. 18 «e quelli che vissero prima di loro»: i popoli che rifiutarono la Rivelazione di Allah e perseguitarono i Profeti. 19 «Avevano tacciato di menzogna i Nostri segni»: secondo molti commentatori il versetto si riferisce in particolar modo agli ebrei del clan medinese dei Bani Qaynuqà’ che dopo la battaglia di Badr rifiutarono la conversione e minacciarono il Profeta (pace e benedizioni su di lui) e i musulmani. Il versetto successivo: 20 «Di’ ai miscredenti: “Presto sarete sconfitti…”» è la risposta che Allah suggerisce al Suo Inviato, incorraggiandolo a dare battaglia. Così avvenne, e nel secondo anno dall’Egira il Profeta e i musulmani dichiarano guerra ai Bani Qaynuqà’ e li assediarono nella loro fortezza. Forti di settecento uomini, ben armati e ben fortificati, i Bani Qaynuqà’ contavano sull’appoggio degli ipocriti medinesi, capitanati dal celebre Abdallah ibn Ubayy. Ma chi confida sull’ipocrisia è come chi costruisce sul fango. L’appoggio che attendevano non giunse e, nonostante le loro grandi provviste, gli ebrei temettero di non poter resistere: dopo quindici giorni di assedio capitolarono. Ebbero salve le vite ma persero tutti i loro averi e furono esiliati. 21 II versetto si riferisce alla battaglia di Badr, che marcò il primo importante successo delle armi musulmane. La storia ci ha raccontato l’epopea di trecentotredici eroi della fede che, appiedati (salvo due), si scontrarono contro mille fanti e cento cavalieri dell’armata coreiscita. Allah fece sì che i credenti apparissero molti di più di quanto erano in realtà. Sotto la guida dell’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui) e spronati dall’esempio valoroso di ‘Ali Ibn Abî Tàlib, di Hamza ibn Abd ’l Muttalib e di Mus’ab ibn ‘Umayr, i musulmani sbaragliarono i miscredenti e li misero in fuga. 22 «spose purissime»: vedi nota a ıı, 23 «i Suoi servi»: il termine ’abd significa «schiavo, servo», ed è spesso utilizzato per indicare l’adoratore di Allah. Molti nomi maschili si formano appunto con ’abd e uno dei nomi di Allah (Abd-1-Rahmân: schiavo del Compassionevole, Abd-l-Qàdir: schiavo dell’Onnipotente ecc.). Quando si tratta di schiavi appartenenti a padroni terreni, vengono per lo più indicati per mezzo di una perifrasi, ad esempio: «quelli che le vostre destre possiedono» (schiavi provenienti da bottino di guerra) o «i colli» (sui quali pesa il giogo della schiavitù), ma anche con lo stesso termine ’abd (cfr. xxıv, 32). 24 «la religione presso Allah è l’IsIàm»: nel rapporto tra uomo e il suo Creatore, (gloria a Lui l’Altissimo) la posizione del primo non può essere che di totale sottomissione, cioè islamica. 25 «la Scrittura»: la Toràh, a proposito della quale si scontrarono gli ebrei e i cristiani. 26 «Se polemizzano contro di te [o Muhammad].» 27 II versetto si riferisce ai Figli di Israele che rifiutavano di applicare la loro stessa Legge. In particolare, secondo alcuni commentatori, sarebbe un riferimento preciso ad un episodio avvenuto a Medina e che riguardò una coppia di ebrei condannati alla lapidazione, dalle loro autorità religiose, per aver commesso adulterio. La sentenza fu appellata presso Muhammad (pace e benedizioni su di lui), che confermò la decisione del tribunale rabbinico. 28 «Il Fuoco non ci toccherà, se non per giorni contati»: vedi nota a ıı, I verss. 26-sono una bellissima invocazione al Signore (gloria a Lui l’Altissimo): viene attestata la Sua potenza assoluta, la Sua prerogativa di Dispensatore del bene, la Sua eccelsa caratteristica di regolatore dei cicli della natura e della vita. 29 II musulmano fa parte di una comunità che ha grandi caratteristiche di omogeneità e di coesione e pertanto non è pensabile che egli possa discriminare i suoi correligionari nella scelta delle sue alleanze. Ciononostante, in caso di pericolo per la sua incolumità o per la sua vita, gli è concesso stipulare alleanze di tipo tattico e momentaneo con chicchessia. 30 Vedi nota 31 La moglie di ‘Imrân rimpiange il fatto di non aver avuto un maschio che potesse essere destinato al servizio del Tempio. Le femmine infatti non vi erano ammesse. 32 «Zaccaria»: si tratta del padre di Giovanni Battista, e non ha niente a che vedere con l’omonimo Profeta di cui parla l’Antico Testamento. 33 Yahyâ Ibn Zakaria, il Giovanni Battista della tradizione cristiana, fu decapitato da Erode Antipa che regnò sugli ebrei dal a.C. al d.C. Giovanni aveva denunciato l’illiceità del matrimonio di Erode con la nipote Erodiade e questo rese furente la donna che chiese e ottenne la testa del Profeta. 34 A proposito del significato dell’espressione «parola di Allah» vedi nota al vers. di questa sura. 35 «prosternati e…»: nella preghiera. 36 «Ti riveliamo»: (o Muhammad). 37 «quando gettarono i loro calami»: una tradizione racconta che ben ventisette notabili della tribù di Maria ambivano il privilegio di occuparsi di lei. Per decidere gettarono i loro calami nel fiume Giordano: rimase a galla solo quello di Zaccaria mentre gli altri andarono a fondo. Fu così che Maria gli fu affidata. 38 «una Parola da Lui proveniente»: come già nel vers. questa espressione si riferisce a Gesù. Il termine arabo che traduciamo («parola»), è «kalima». 39 «Messia»: in arabo «Masìh», l’Unto, uno dei nomi tradizionali del Cristo, ha il senso di «purificato», «investito» di una particolare autorità spirituale. 40 «uno dei più vicini»: (anche «gli approssimati») ad Allah, espressione comune del lessico coranico. Indica coloro che godono del privilegio della più grande vicinanza al Creatore di tutte le cose. 41 Che Gesù sia un messaggero inviato agli ebrei, è chiaramente indicato da Matteo v, 5-xv, Il miracolo dell’uccello si trova nel Vangelo dell’Infanzia (e nel Vangelo di Tommaso), il miracolo del cieco in Giovanni ix, quello del lebbroso in Matteo vili, 1-quello della Resurrezione in Luca vii, 11-Giovanni xi, 17- 42 Alcune proibizioni contenute nella Toràh furono decretate da Allah (gloria a Lui l’Altissimo) in funzione punitiva nei confronti dei Figli di Israele, altre fu Giacobbe stesso a proibirle per sé e per i suoi discendenti (cfr. nota a iıı, 93), altre ancora furono aggiunte dalla tradizione rabbinica per svariate ragioni e molto tempo dopo la rivelazione data a Mosè. 43 «Tessono»: il soggetto sono gli ebrei che tramarono contro Gesù. 44 «strategie» (qui e in vııı, xııı, xxvii, 50), inganni (ıv, e astuzie (lxxxvi, sono messi in opera dagli uomini contro Allah e da Allah stesso per castigare questi peccati. Il concetto è quello che chi vuole ingannare Allah, inganna se stesso. 45 «ti porrò un termine e ti eleverò a Me…»: Gesù, che in un primo tempo, è stato richiamato al suo Signore, senza dover subire la morte fisica, ritornerà poi sulla terra e infine morrà «e ti purificherò dai miscredenti…»: ti renderò giustizia, allontanerò da te le menzogne che i miscredenti hanno inventato in tuo proposito, «Porrò quelli che ti seguono al di sopra degli infedeli, fino al Giorno della Resurrezione»: quelli che seguono correttamente l’insegnamento di Gesù non sono certo gli attuali cristiani, che lo adorano come un dio. Il versetto allude forse a quei «cristiani» antitrinitari che consideravano Gesù «la migliore delle creature». 46 «Il Saggio Ricordo»: il Corano. 47 «per Allah Gesù è simile ad Adamo»: Gesù è una creatura anche se la sua natura è del tutto particolare. Adamo non ebbe né padre né madre, Èva non ebbe madre, Gesù non ebbe padre. 48 II versetto si riferisce all’episodio della visita della delegazione dei cristiani del Najràn (vedi nota 1). 49 «su ciò di cui non avete conoscenza alcuna?»: se, al limite, può essere accettabile la polemica su qualcosa che si conosce, non ha senso discutere su ciò di cui non si ha alcuna scienza. In tal caso la discussione diventa pretestuosa, viziata da preconcetti e sterile. La materia che i cristiani non conoscevano e rifiutavano di studiare era, naturalmente, la rivelazione coranica e la missione dell’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui). 50 «puro credente»: monoteista. Abramo in quanto monoteista si dedicava al culto del Dio unico ed era a Lui sottomesso, pertanto era musulmano anche se il quadro generale c definitivo dell’IsIàm scese solo con la rivelazione del Santo Corano al Profeta Muhammad (pace e benedizioni su di lui). 51 «questo Profeta»: Muhammad. 52 II Corano riferisce le strategie di guerra psicologica che alcuni ebrei e cristiani adoperarono contro i musulmani: false conversioni seguite da clamorose apostasie per confondere le menti dei musulmani meno dotati intellettualmente e con la fede ancora incerta. 53 «un qintàr»: una misura di peso (da cui deriva il termine quintale), corrispondente a libbre. 54 II termine che traduciamo con «gentili» significa «ignorante, illetterato». Per gli ebrei di Medina tutti coloro che non seguivano la loro religione, si trovavano in questa condizione. 55 II versetto dovrebbe riferirsi al Cristo e al fatto che certamente non invitò gli uomini ad adorarlo come Dio. Alcuni commentatori lo collegano, inoltre, ad un episodio della vita dell’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui): alcuni musulmani gli avevano proposto di prosternarsi dinnanzi a lui in segno di rispetto e venerazione. Il Profeta rifiutò sdegnato e recitò questo versetto. 56 Questo versetto afferma che Allah impose a tutti i messaggeri precedenti a Muhammad (pace e benedizioni su di lui), di riconoscere e annunciare la venuta di un altro messaggero. Gli esegeti musulmani citano, tra gli altri, i seguenti brani: Enoch, Genesi 14-Abramo, Genesi xII, 1-e 16-Giacobbe xLIx, Mosè, Deuteronomio xvııı, xxxııı, Daniele II, 31-Davide, Salmo xLv, 3-Isaia xxI, 6-e 13-xlii, e succ., xliii, 1-Abacuc, Ab. III, Giovanni, Apocalisse II, 26-III, vI, Gesù, Matteo xxI, 33-Giovanni 1,xIv, 15-xv, 26-xvI, 7- 57 Questo versetto stabilisce inequivocabilmente che dopo la rivelazione del Corano e la predicazione di Muhammad (pace e benedizioni su di lui) il solo culto che Allah accetterà sarà quello islamico. 58 «eccetto quello che Israele…»: (Giacobbe, chiamato anche Israele, Tabarî Iv, 2). Agli ebrei erano interdette le carni del cammello, il suo latte e il suo grasso, tutte le carni degli animali che hanno lo zoccolo senza fenditura e il maiale (Levitico 1-47). La tradizione racconta che Giacobbe, soffrendo di sciatica, si interdisse tutte le carni innervate. Tale interdetto divenne generale. «La prima Casa… di Bakka»: la Casa di cui parla il versetto è la Ka‘ba che, secondo la tradizione, fu innalzata da Adamo e poi ricostruita da Abramo e Ismaele. Bakka è uno dei nomi dato alla Mecca. I geografi dicono che Makka indica tutta l’intera vallata (della Mecca), Bakka indica lo spiazzo in cui è la Ka‘ba. Il Salmo lxxxiv al vers. recita: «Passando per l’arida valle di Bacà la cambiano in luogo di fontane». 59 «ristette Abramo»: il «maqàm İbrahim» citato in II, e nota relativa. A proposito del pellegrinaggio vedi Appendice 60 «colui che lo nega»: secondo molti commentatori il versetto alluderebbe non tanto al miscredente in generale ma a colui che nega il precetto del Hajj e, pur avendone le possibilità, rifiuta di recarvisi. 61 Allah (gloria a Lui l’Altissimo] non ha nessun bisogno delle creature. Se è pur vero che il vers. della sura u dice: «È solo perché mi adorassero che ho creato i jinn e gli uomini», è altrettanto vero che questa adorazione giova solo alle creature e le realizza pienamente. Allah è «Al Ghanì»: Colui Che basta a Se Stesso. 62 Rimanete fino alla morte nella sottomissione ad Allah. 63 I verss. 99-oltre al loro significato assoluto, si riferiscono ancora una volta ai tentativi di dividere la comunità dei credenti medinesi, orditi dai clan ebrei della città che avevano sempre prosperato sulla divisione e la rivalità tra i Khazraj e gli Aws. Un giorno, uno dei loro notabili incaricò uno dei suoi di sedere in mezzo agli antichi rivali e recitare i poemi che parlavano delle gesta di guerra dei due clan. Questo fatto rinfocolò i rancori e le ostilità sopite e senza l’intervento dell’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui) i due gruppi sarebbero venuti alle mani (vedi Tabarî Iv, 23). 64 Nei verss. e Allah (gloria a Lui l’Altissimo) ordina la costituzione dell’«Umma» islamica e ne precisa le caratteristiche salienti. Si tratta inequivocabilmente di una comunità solidale, che non si limita ad una pratica personale del culto, intima e avulsa dal contesto sociale e familiare. «Raccomandare le buone consuetudini e proibire ciò che è riprovevole» è un obbligo per tutti i musulmani e, a tale proposito, è bene ricordare un famoso hadith dell’Inviato di Allah: «da Abù Sa‘ìd al-Khudri (che Allah sia soddisfatto di lui): “Ho sentito l’Inviato di Allah dire: ‘Chi di voi vede un male lo corregga di propria mano; e se non ne è in grado lo faccia colla lingua; se non ne è in grado, lo faccia con il cuore, e questa è la fede più debole’”» (lo ha trasmesso Muslim) da II Giardino dei Devoti, cit. 65 «una corda di Allah o ad una corda d’uomini»: secondo Tabarì il versetto si riferisce agli ebrei i cui comportamenti sono ampiamente descritti e stigmatizzati nei versetti precedenti. 66 «Tra la gente della Scrittura c’è una comunità…»: sono i musulmani stessi o. accettando l’interpretazione del Tabarî (Iv, i cristiani e gli ebrei che riconobbero la divinità del messaggio coranico e la missione di Muhammad (pace e benedizioni su di lui). 67 A proposito di questo comportamento tipico degli ipocriti, vedi II, e la nota. 68 Potrebbe trattarsi della battaglia di Badr (vedi nota al vers. 13). Alcuni esegeti invece, affermano che il riferimento è piuttosto allo sfortunato scontro che ebbe luogo a Uhud. Il prosieguo della narrazione sembra dar ragione a questa seconda ipotesi. E importante notare l’espressione «…schierare i credenti ai posti di combattimento». Prima dell’IsIàm, infatti, gli arabi non conoscevano altra tattica militare che quella della sorpresa. Guerrieri estremamente mobili attaccavano il nemico all’improvviso, razziavano bottino e fuggivano prima che gli avversari potessero riorganizzarsi. A Uhud, il Profeta (pace e benedizioni su di lui) aveva ordinato i suoi disponendo un centro e due ali, un’avanguardia e una retroguardia. Gli arcieri erano attestati su di un’altura con funzioni di copertura. Al primo affondo dei musulmani, i miscredenti fuggirono lasciando sul campo una grande quantità di bottino. Obnubilati dalla sete di preda la retroguardia e gli arcieri abbandonarono la loro posizione e lasciarono scoperto il grosso dell’esercito. Il capo della cavalleria meccana, Khalid ibn Walid, se ne accorse e prese i credenti alle spalle rovesciando le sorti della battaglia. Il Corano ritorna sull’argomento al vers. in cui Allah rimprovera ai musulmani la loro disobbedienza e la loro avidità. 69 ‘Abdallah ibn Ubayy, il capo degli ipocriti medinesi, si ritirò dal campo di battaglia insieme a trecento dei suoi e altri combattenti furono sul punto di ripiegare anche loro. 70 «angeli guerrieri»: l’aggettivo «musawwimîn» può essere inteso in senso attivo o passivo (accettandolo nella lettura «musawwamìn» come ad es. in III, 24): nel primo caso significa «agguerriti, guerrieri», nel secondo vuol dire «portatori di segni distintivi». Una tradizione riferisce che gli angeli che Allah (gloria a Lui l’Altissimo) mandò a Badr, portavano turbanti gialli e i loro cavalli erano neri pezzati di bianco, con i peli della fronte e le code ugualmente bianchi. 71 «Tu non hai nessuna parte in ciò»: (O Muhammad), in questo affare che riguarda Allah. A Lui e a Lui solo spetta l’accettazione del pentimento degli uomini o il loro castigo. 72 Procedendo per gradi come nel caso del divieto dell’alcol, il Corano condanna l’usura che sarà proibita e maledetta in III, 73 Essere generosi anche nel bisogno, equilibrati nelle reazioni ai fatti della vita, misericordiosi con il prossimo: ecco le caratteristiche fondamentali che contraddistinguono i «muttaqìn» (i timorati di Allah). Vedi nota a II, 74 «Così alterniamo questi giorni…»: così Allah alterna gioie e dolori nella vita dell’uomo. 75 È con queste parole che Abù Bakr (che Allah sia soddisfatto di lui) annunciò ufficialmente la morte di Muhammad (pace e benedizioni su di lui), quando Allah (gloria a Lui l’Altissimo) chiamò a Sé il Suo Inviato, lasciando i musulmani nella generale costernazione. 76 «Quanti Profeti combatterono affiancati da numerosi discepoli»: la traduzione di questo brano presenta una seria difficoltà interpretativa dovuta al disaccordo sul significato del termine «ribbiy» in questo contesto. Si potrebbe tradurre: «Quanti profeti furono uccisi in mezzo ai loro discepoli» (nella lettura «qutila») oppure: «Quanti profeti combatterono affiancati da miriadi [angeliche]». Allah è più sapiente. 77 Allusione alla battaglia di Uhud e al comportamento di una parte dei musulmani. Vedi nota al vers. 78 Allah (gloria a Lui l’Altissimo) ricorda ai musulmani il comportamento di una parte di loro e dipinge con grande efficacia l’epilogo dei fatti di Uhud: uomini che fuggono verso le montagne mentre l’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui) cercava di richiamarli a sé per rinserrare i ranghi. Fu un momento di grande difficoltà: il Profeta ferito e sanguinante, suo zio Hamza ucciso insieme a molti altri valorosi, il rischio di una disfatta totale per le armi musulmane. 79 «[Allah] vi ha compensato di un’angoscia con un’altra angoscia…»: nel senso che il dolore per la sconfitta subita fu attenuato dall’angoscia per la sorte del Profeta (pace e benedizioni su di lui), che alcuni avevano dato per morto, dal timore che i meccani marciassero su Medina, dallo strazio per le sofferenze dei feriti e per l’oltraggio che subirono i caduti. A questo proposito è giusto ricordare la fine di Hamza ibn ‘Abd-al- Muttalib, ucciso da uno schiavo abissino prezzolato da Hind, moglie di Abû Sufyàn, la quale voleva vendicare la morte dei suoi congiunti caduti nella battaglia di Badr. Quando Hind trovò la spoglia di Hamza, ne deturpò il viso tagliandogli le orecchie, il naso e la lingua; poi, in un odioso accesso parossistico, aprì il suo addome, strappò il fegato e ne masticò una parte. In merito alla battaglia di Uhud, gli storici si sono chiesti perché i meccani non cercarono di infliggere un colpo mortale alla comunità musulmana, conquistando Medina e uccidendo il Profeta. Le ipotesi a questo riguardo sono molte, ma in definitiva si può affermare che i politeisti non avevano valutato appieno il rischio che costituiva per loro lo sviluppo della comunità islamica di Medina. Nelle loro intenzioni c’era solo la volontà di vendicare i caduti di Badr e dare una dimostrazione di forza che avrebbe dovuto ridurre i medinesi a più miti consigli nei loro confronti e, al contempo, allontanarli dall’Inviato di Allah, dimostrando loro che la sua presenza era foriera di danni e lutti per la città. Tutto questo non avvenne e la comunità dei musulmani trasse dai fatti di Uhud nuova forza e importanti insegnamenti. Sia lode ad Allah, Signore del Creato. 80 II Profeta (pace e benedizioni su di lui), appurato che dopo la battaglia il nemico non aveva intenzione di marciare su Medina, disse ai suoi che potevano dormire senza altro timore. I buoni credenti si abbandonarono e riposarono ritemprando il corpo e lo spirito dopo la dura giornata trascorsa; i dubbiosi e gli ipocriti, invece, si lasciarono andare a sterili recriminazioni e si autocommiseravano, ragionando come se vivessero ancora nel periodo dell’ignoranza preislamica. 81 L’uomo possiede solo le sue’intenzioni; i risultati delle sue azioni sono determinati da Allah, che persegue il Suo indefettibile disegno sul creato. 82 Secondo gli esegeti questa fu la frase pronunciata dal famoso ‘Abdallah ibn Ubayy, il capo riconosciuto degli ipocriti medinesi, che non perdeva occasione per sminuire l’Inviato di Allah e seminare zizzania nelle comunità. Con questa frase egli recriminava sul fatto che non erano state tenute nel dovuto conto le sue proposte tattiche in merito alla battaglia. Egli infatti aveva suggerito di evitare la sortita e di attendere i meccani all’interno della città. La scelta del Profeta si dimostrò in fin dei conti vincente, in quanto risparmiò il sacco della città. 83 «o perirete»: di morte naturale. 84 II Corano si rivolge a Muhammad (pace e benedizioni su di lui) e, dopo avergli ricordato che tutta la misericordia che alberga nel cuore delle creature proviene da Allah (gloria a Lui l’Altissimo) accenna al principio della «shûrâ» (la consultazione). Vedi anche xlii, e la nota. 85 In questo versetto non c’è nessun rimprovero per il Profeta (pace e benedizioni su di lui), ma una risposta divina agli ipocriti che mormoravano a proposito di supposte ingiustizie nella divisione del bottino. Un’altra lettura ammessa considera il verbo «ghalala» alla forma passiva e quindi la traduzione sarebbe: «È indegno ingannare un profeta» (Tabarî iv, 155). 86 «Quando vi giunge un dispiacere – e già ne avevate inflitto uno doppio»: riferimento alle battaglie di Uhud e di Badr. A Badr i musulmani avevano ucciso settanta idolatri e ne avevano presi prigionieri altrettanti; nello scontro presso Uhud i credenti presero settanta uomini, ma nessuno dei loro fu catturato dai nemici. 87 II versetto si riferisce ancora una volta al comportamento degli ipocriti e di ‘Abdal- lah ibn Ubayy, di cui si è già parlato più sopra. Secondo alcune traduzioni gli ipocriti affermarono di non «saper combattere» ma la cosa non è credibile, in quanto si trattava di clan guerrieri, molto fieri della loro abilità nel maneggio delle armi e del loro coraggio in battaglia. L’interpretazione più plausibile è quella riferita da Tabarî (Iv, 67), il quale afferma che gli ipocriti giustificarono il loro ritiro dal campo di battaglia (uomini, circa un terzo dell’armata medinese) con il fatto che certamente non si sarebbe combattuto in quel giorno. 88 «non ci sarà afflizione»: nell’altra vita, per coloro cui Allah concede il martirio. Continua la narrazione dei fatti relativi alla battaglia di Uhud. Temendo che i meccani si fossero allontanati solo per creare un diversivo tattico, il Profeta (pace e benedizioni su di lui) decise il mattino seguente di inseguire il nemico. Ordinò a tutti quelli che avevano partecipato allo scontro, e che erano in grado di marciare, di prepararsi ad uscire in armi contro i miscredenti. Nonostante le ferite e le fatiche del giorno precedente, quasi tutti i musulmani che avevano combattuto a Uhud si presentarono all’adunata e partirono all’inseguimento. Temendo una controffensiva dei credenti, anche i meccani si erano attestati poco distante e attendevano gli eventi. L’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui) comandò ai suoi che raccogliessero tutta la legna che potevano trovare e quando calò la notte fece accendere centinaia e centinaia di falò dando così l’impressione del bivacco di una grande armata. Inoltre, un idolatra amico dei musulmani fu incaricato di portare false notizie al campo meccano, raccontando della mobilitazione dell’intera città di Medina. Confusi dall’espediente e dall’astuta operazione di disinformazione attuata dai musulmani, i Quraysh decisero di ritornare al più presto alla Mecca. 89 Anche i Quraysh avevano tentato un’operazione di disinformazione per spaventare i musulmani ma senza nessun esito. 90 Secondo gli esegeti il Satana di cui parla il versetto è identificabile nel personaggio di cui si servirono i Quraysh per cercare di ingannare i musulmani. Certamente Satana si serve di molti uomini, che diventano i suoi più o meno consapevoli aiutanti. Presenze inquietanti e negative, questi individui finalizzano la loro esistenza al diffondersi dell’insicurezza e della paura tra la gente. La loro forza è direttamente proporzionale alla scarsità di fede e di pratica religiosa. Se è pur vero che tutti quanti possono essere attaccati e colpiti dalle mene sataniche è certo che chi confida in Allah non potrà giammai esserne sopraffatto. 91 Quando Abù Bakr si recò dagli ebrei di Medina per chiedere un contributo finanziario per la guerra contro gli infedeli e per il trionfo di Allah, un rabbino di nome Pinhas rispose ironicamente: «Dunque Allah è povero e noi siamo ricchi» (Tabarì iv, 195). 92 «Incendio: ‘Hariq»: uno dei nomi dell’Inferno. 93 «quegli stessi»: a cui si riferisce anche il vers. gli ebrei. 94 «che il fuoco consumi»: alcuni ebrei giustificavano pretestuosamente il loro rifiuto di prestare fede alla missione di Muhammad (pace e benedizioni su di lui) con il fatto che la loro religione imponeva che il sacrificio di un profeta doveva essere accettato per mezzo di una fiamma che scendendo dal cielo consumasse l’offerta sacrificale. 95 Nella Bibbia (I Re 38-Elia viene confermato da Allah con un simile miracolo. 96 II Corano avverte Muhammad (pace e benedizioni su di lui) a proposito dell’atteggiamento oltraggioso e scettico dei miscredenti. 97 I Salmi che Allah (gloria a Lui l’Altissimo) diede a Davide e l’Injîl che fu rivelato a Gesù (pace su entrambi). 98 La sura si conclude con versetti che compongono un’invocazione di grande bellezza e piena di significati. La tradizione ci riferisce che l’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui) concludeva le sue orazioni notturne recitando questo brano del Santo Corano. Con i primi cinque versetti (191-l’uomo si rivolge al suo Signore impetrando il Suo perdono e la Sua protezione. Poi Allah risponde all’uomo, ribadendo la veridicità delle Sue promesse, tranquillizzandolo in merito all’apparente benessere di cui godono i miscredenti e alla realtà eterna del Paradiso dei devoti. Nell’ultimo versetto ritorna l’invito alla pazienza e alla costanza, virtù senza le quali la vita terrena è certo una rovina.
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