٨٨

Non invocare nessun altro dio insieme con Allah. Non c’è dio all’infuori di Lui. Tutto perirà, eccetto il Suo Volto 1. A Lui appartiene il giudizio e a Lui sarete ricondotti.   2 A proposito di queste lettere, vedi Appendice 3 Vedi nota a xx, 4 «degli eredi»: della potenza che era già di Faraone? Questa l’interpretazione comune. Ma in che senso? Certamente non in senso materiale, in quanto gli ebrei usciti dall’Egitto non ebbero più nulla a che fare con il paese di Faraone. Secondo un’altra interpretazione, questo passo conferma un’ipotesi interessante seppur diversa rispetto ai commenti classici. La missione di Mosè presso Faraone era duplice: liberare il popolo di Israele e ricordare agli egiziani la rivelazione che Giuseppe, figlio di Giacobbe, aveva recato loro. Il rifiuto di Faraone di ottemperare agli ordini di Allah (gloria a Lui l’Altissimo) segnò il passaggio della funzione dirigente (farne delle guide) dagli egizi ai Figli di Israele e li fece «eredi» della missione profetica. Non dimentichiamo che la nascita del popolo di Israele come ce la presentano le Scritture avviene proprio durante l’Esodo. Durante questa epopea gli ebrei si riconobbero come discendenti dei dodici figli di Giacobbe e si organizzarono in altrettante tribù. A proposito del significato di «eredi» in questo contesto vedi anche nota a XXVI, Per quanto riguarda il senso generale, ritroviamo in questo versetto il senso della giustizia di Allah che interviene nelle vicende dei popoli quando essi mettono in atto un processo di «tawba» (pentimento, ritorno a Dio) collettivo. Nel momento in cui il popolo di Giacobbe si riconosce come monoteista grazie alla predicazione di Mosè (pace su di entrambi), Allah (gloria a Lui l’Altissimo) li ripaga delle sofferenze subite e dà loro successo sulla terra. 5 «Hâmân»: il primo ministro di Faraone. 6 «quello che paventavano»: la fine della loro potenza, come era stato loro predetto. 7 Allah (gloria a Lui l’Altissimo) dà inizio al suo disegno contro l’iniquità di Faraone e della sua gente, facendo sì che colui che sarebbe stato il protagonista terreno della loro rovina, fosse protetto e allevato da loro stessi. 8 «gioia dei miei occhi»: secondo la tradizione la moglie di Faraone era affetta da lebbra e guarì nel momento in cui vide Mosè. Informato del prodigio, Faraone intuì che si trattasse di uno di quei bambini dei Figli di Israele e ordinò di ucciderlo, ma non dette seguito alla sua volontà omicida intenerito dalle preghiere della moglie. 9 «…alcun sospetto»: che fosse il bambino per sbarazzarsi del quale era stata ordinata la strage dei neonati maschi degli ebrei. 10 «Seguilo»: segui lungo la sponda del fiume, la deriva della cesta in cui c’è il piccolo Mosè. 11 «… alcun sospetto»: che quella giovane fosse la sorella di Mosè. 12 «gli interdicemmo …»: Allah (gloria fosse la sorella di Mosé. 13 «in un momento di disattenzione»: riferisce il Tabarî (xx, 43-che Mosè era stato esiliato dalla capitale Memphis e vi rientrò di nascosto nell’ora più calda della giornata quando tutti quanti, anche le guardie alle porte, si lasciavano prendere dal torpore pomeridiano. Le ragioni del suo esilio non sono ben chiare ma pare che si fosse messo più volte in contrasto con il re a causa della condizione in cui erano costretti a vivere i Figli di Israele e per questioni attinenti la religione degli egiziani. 14 Questa precisazione a proposito dei due contendenti rende evidente che Mosè era a conoscenza della sua origine e che egli considerava gli egiziani come suoi nemici. L’allocuzione che abbiamo tradotto con «uno era dei suoi», è «min scì ‘atihi» che significa lett. «della sua fazione». 15 Certamente non c’era volontà di uccidere nel gesto di Mosè, lo dice l’ultima frase del vers. e la richiesta di perdono del versetto successivo lo conferma. Le conseguenze del suo intervento superarono di gran lunga le sue intenzioni; il suo fu un omicidio preterintenzionale. 16 Mosè non nega il suo aiuto ma rimprovera il contribulo per il suo comportamento. 17 Alcuni esegeti hanno ritenuto che il personaggio che accusa Mosè fosse l’ebreo timoroso che egli volesse far seguire il rimprovero del versetto precedente a un castigo corporale. Nella Bibbia, Esodo II, 13-si afferma che i due litiganti erano due ebrei e che quando Mosè volle punire l’aggressore questi gli si rivolse con disprezzo e minacce. 18 «uno dei conciliatori»: nel testo «al-muslihìn» (anche «riformatore»). Abbiamo tradotto come in II, (vedi la nota). Per spiegare le parole dell’ebreo i commentatori focalizzano la loro attenzione sull’espressione: «antakûna jabbar» che abbiamo tradotto con «non vuoi essere che un tiranno…». Secondo la legge dei Bani İsrail del tempo (la Torâh ancora non era stata rivelata), colui che avesse ucciso due uomini era definito «jabbar» e considerato come un pericolo pubblico. Questa l’accusa dell’ebreo a Mosè, che invece si presentava al suo popolo come un uomo che poteva servirsi della sua posizione di privilegio presso gli egiziani per migliorare la loro condizione. 19 La forma coranica ci dà l’impressione che l’arrivo di questo messaggero sia immediatamente successiva all’episodio narrato nel vers. Tabarì (xx, 50-ci riferisce che Faraone, informato dei fatti che avevano visto Mosè protagonista, lo aveva condannato a morte e lo stava facendo ricercare perché fosse eseguita la sentenza. Il testo del versetto suggerisce che il processo non sia ancora concluso, ma che non ci siano dubbi sul suo esito. 20 La gente si affolla al pozzo, e chi non ha forza o protezione potente deve attendere che tutti gli altri abbiano soddisfatto le loro esigenze di acqua. Le due ragazze temono di subire la violenza dei pastori e aspettano perciò che il pozzo sia libero. 21 In tutto l’episodio che narra l’incontro al pozzo, e il conseguente invito rivolto a Mosè, ci sembra che sia particolarmente significativo il comportamento delle due ragazze. Riserbo, pazienza, pudore e timidezza sono le qualità che le contraddistinguono. Il loro stare appartate invece di usare il loro fascino femminile per ottenere la precedenza al pozzo, l’attendere pazientemente che il pozzo sia libero per abbeverare il bestiame nonostante la fatica che doveva procurare loro il trattenerlo assetato in prossimità dell’acqua, il pudico accenno all’età del padre per dire che non hanno marito e nessuna altra valida protezione, l’imbarazzo nel rivolgersi al loro benefattore per comunicargli l’invito ce le dipingono con grande efficacia e fanno risaltare in loro quelle caratteristiche che sono conseguenza diretta del timor di Dio nelle donne. Questo nell’IsIàm l’ideale di donna, che nell’arabo parlato nel Nord Africa è sintetizzato nell’espressione: «hashma wa sàbra» (pudica e paziente), conscia della sua insostituibile e ineguagliabile funzione nella società e nella famiglia, appagata e serena e così diversa da quella donna in carriera, aggressiva e spregiudicata, spudorata e nevrotica che ci viene proposta come «donna liberata». 22 La donna che possiede le qualità indicate nella nota sopra non è certamente amorfa e istupidita. La richiesta che una delle ragazze rivolge al padre è segno della sua grande perspicacia, del suo senso di responsabilità nei confronti delle necessità della famiglia. 23 «Questo [sarà] tra me e te»: come dire: «affare fatto». 24 «nessuna colpa mi sarà rinfacciata»: lett. «nessuna violenza contro di me». 25 «sul fianco del Monte»: il Sinai, il monte per antonomasia. 26 La Sacra Valle di Tuwà (vedi xx, 12). 27 Vedi nota a xxvII, 28 «accendi un fuoco sull’argilla», cioè: «fai fabbricare mattoni». 29 «Tu»: o Muhammad! in questo e nei due versetti successivi Allah (gloria a Lui l’Altissimo) si rivolge al Suo Inviato (pace e benedizioni su di lui) per ricordargli che le Scritture provengono da Lui e che il Corano riferisce particolari fondamentali e inediti delle storie dei profeti. 30 «Abbiamo creato generazioni la cui vita si prolungò»: affinché le tradizioni potessero essere riferite e non andassero perdute. 31 «una misericordia»: la venuta di Muhammad (pace e benedizioni su di lui). Cfr. XXI, («non ti mandammo se non come una misericordia per il creato».) 32 «un popolo»: fondamentalmente gli arabi ai quali, in prima battuta, fu indirizzata la missione di Muhammad. 33 Quelli che parlano in questo versetto sono i politeisti meccani ispirati dai rabbini ebrei. 34 La vis polemica dei miscredenti arriva alla blasfemia che qualifica come magie («siharàni) la Torâh e il Corano. Un’altra lettura: «sâhirâni», i due maghi, e cioè Mosè e Muhammad. 35 «Coloro ai quali…»: cristiani ed ebrei che riconobbero facilmente nella rivelazione coranica il prosieguo (e il completamento) della rivelazione che già avevano ricevuto. 36 «prima che a lui»; prima che a Muhammad (pace e benedizioni su di lui). 37 «Già eravamo sottomessi…»: esiste una sola religione, l’IsIàm, l’uomo non può che essere sottomesso a Dio. Tutta la rivelazione, a partire da Adamo, tende a questo grande, divino disegno. La «gente del Libro» onesta e sincera non può che riconoscerlo. 38 In base a questo verdetto la dottrina islamica stabilisce che i cristiani e gli ebrei che ritornano all’IsIàm, avranno un premio doppio presso il loro Signore. Secondo la tradizione il versetto si riferisce in particolare al caso di Abù Talib, zio paterno dell’Inviato di Allah (pace e benedizioni su di lui) e padre di Ali (che sposò Fatima, figlia di Muhammad e che sarà il quarto califfo). Il Profeta cercò sino all’ultimo di convertirlo e pare che in punto di morte Abù Talìb ammise implicitamente di riconoscere la natura divina della missione del nipote ma rifiutò di testimoniare la sua fede temendo, con malinteso senso dell’onore, che la gente potesse scambiare per paura della morte la sua conversione. 39 «E dicono»: i meccani politeisti. 40 II versetto allude chiaramente al territorio della Mecca e alle sue caratteristiche di sacralità, riconosciute da tutti gli altri arabi già precedentemente alla predicazione di Muhammad (pace e benedizioni su di lui). La straordinaria abbondanza alimentare che si riscontra alla Mecca, sia quantitativamente che qualitativamente, è il segno più evidente del particolare favore di Dio (gloria a Lui V Altissimo) per il luogo in cui ha voluto fosse, stabile sulla terra, la Sua Casa. 41 «nella Madre [delle città]»: La Mecca, la più antica delle residenze dell’umanità. 42 I dèmoni che gli uomini avevano preteso essere congeneri ad Allah nella Sua divinità, si difendono affermando che se è vero che hanno contribuito a traviare gli uomini, in realtà questi ultimi non facevano che adorare le loro stesse passioni. 43 «Qarùn»: questo personaggio faceva parte della famiglia di Mosè (come lui era levita). Era uomo di grande avvenenza e forza, conosceva a fondo la Toràh, ed era molto ricco. Tutte queste caratteristiche lo avevano reso orgoglioso. Per punirlo della sua superbia Allah lo fece inghiottire dalla terra. 44 «non saranno interrogati…»: nel senso che Allah (gloria a Lui l’Altissimo) pur interrogandoli non consentirà loro nessuna giustificazione delle loro colpe, oppure, come suggerisce il Tabarì, significa che Allah non chiede giustificazioni ai criminali prima di farli perire (vedi la storia di Qarùn)? Allah è più sapiente. 45 Questo versetto fu rivelato durante l’Egira di Muhammad (pace e benedizioni su di lui) e rappresenta una promessa che Allah (gloria a Lui l’Altissimo) fa al Suo Inviato. La promessa si sarebbe realizzata otto anni più tardi, quando l’Inviato di Allah rientrò trionfalmente alla Mecca, purificò dagli idoli la Ka‘ba e il suo recinto e impose la legge di Allah. 46 «Tutto perirà eccetto il Suo Volto»: questa è una forma tipica dell’arabo in cui la menzione del «Volto di Allah» sta per Allah Stesso (gloria a Lui l’Altissimo).
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